Scampia, omelia dell’arcivescovo Battaglia: «Il crollo nella Vela celeste è un crollo sociale. Nessuno dorma sereno»

I funerali a Scampia delle tre vittime del crollo di un ballatoio nella Vela celeste
di Laura Nazzari

Sulle bare ci sono le loro foto, istantanee di una vita che non c’è più. Vite spezzate da un crollo che «va ben oltre le macerie di cemento e ferro» e «assurge a simbolo di un crollo sociale che deve essere arginato, prevenuto, evitato. Non solo qui ma in tutte le periferie della nostra città, del nostro Sud, della nostra Italia». Roberto Abbruzzo (29 anni), la mamma Patrizia Della Ragione (53 anni) e la sorella di quest’ultima Margherita (53 anni), volgono lo sguardo verso i parenti e amici che sotto il sole, in una giornata irrespirabile, piangono lacrime di dolore, mentre l’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia lancia un monito alla classe politica e alla comunità tutta affinché da «da queste macerie e da questo dolore» possa «risorgere una comunità più giusta, in cui sia per sempre abbattuto quel muro invisibile che divide i figli di questa città, che separa le tante Napoli che si sfiorano senza mai incontrarsi».

A Piazza Giovanni Paolo II, quartiere Scampia, alle 9 del mattino hanno inizio i funerali delle tre vittime del crollo di un ballatoio al terzo piano della Vela celeste che ha provocato tre morti e 12 feriti, tra i quali sette bambine di cui due in gravissime condizioni. Ci sono esponenti delle istituzioni, con in prima fila il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il prefetto Michele di Bari e il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. E poi c’è un pezzo di cittadinanza, ma non la folla che ci si aspettava. La piazza era semideserta e l’ala allestita con le sedie era semivuota.

Qualcuno s’è affrettato a parlare di “assenza” della comunità di Scampia per protesta nei confronti dello Stato, ma è stato prontamente smentito dal Comitato Vele di Scampia 167: ad allontanare le persone dalle esequie sono stati anzitutto i cambi di orario e luogo delle esequie, definiti solo ieri sera tanto da rendere impossibile a molte persone di organizzarsi; poi il gran caldo, nonostante le 9 del mattino, che ha scoraggiato i più dalla partecipazione. Chi ha presenziato ha cercato riparo sotto i tendoni della Protezione civile, cercando di ventilarsi con un ventaglio mentre gli uomini della Protezione Civile distribuivano acqua fresca già a partire dalle 8. Sul posto anche ambulanze e un gazebo della Croce Rossa per l’assistenza medica. A fine cerimonia si conteranno quattro malori, con una anziana che si sottopone a elettrocardiogramma.

I parenti e gli amici più stretti delle vittime invece rimangano lì, sotto il sole, dinanzi alle bare, dietro le quali si stagliava la gradinata con la scritta “Ciro vive”, in omaggio a Ciro Esposito, il giovane ultrà del Napoli ucciso anni fa a Roma dalla follia ultrà di Daniele De Santis.

Molti indossavano una t-shirt bianca con le foto di Roberto, Patrizia e Margherita. Tutti hanno pregato per le tre vittime e quanti sono ancora in ospedale, soprattutto per le bambine che versano in condizioni di maggiore difficoltà. Patrizia e Mya, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono «stazionarie nelle gravità», recita il bollettino odierno dell’Ospedale Santobono dove le piccole sono ricoverate in Terapia intensiva. Nelle prossime ore «saranno sottoposte nelle prossime ore a rivalutazione multidisciplinare e diagnostica per immagini al fine di valutare l’entità delle lesioni cranio encefaliche ad una settimana dall’evento traumatico».

L’arcivescovo Battaglia, durante l’omelia, invita a pregare per loro, per tutti i feriti, e invita istituzioni e cittadinanza a lavorare insieme affinché tragedie del genere non si ripetano. «Nessuno può dormire sereno se un solo bambino rischia la vita per il semplice fatto di abitare una casa degradata in un edificio degradato», sferza l’arcivescovo. «Questa periferia – prosegue – oggi diventa il centro dell’attenzione di tutti, non per la sua rinascita ma perché ancora una volta l’odore della morte e della paura, pervade le sue vie e i cuori dei suoi abitanti». Serve, dunque, un cambio di passo e serve sostenere un quartiere che nonostante le «etichette mediatiche, frettolose e generalizzanti subite già per molto tempo» ha saputo «rialzarsi, diventando un esempio di autentica resilienza e riscatto grazie all’onestà e all’impegno di tanto suoi figli e figlie, chiesa, società civili e istituzioni che quando si alleano per il bene comune possono compiere veri e propri miracoli».

Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi promette che il Comune percorrerà ogni strada possibile per dare agli sfollati della Vela celeste «una prospettiva di dignità, senza perseguire gli errori che sono stati fatti per tanti anni mantenendo la precarietà» e al tempo stesso per «trovare una soluzione» affinché l’Università venga liberata. Per convincere le persone a lasciare l’Ateneo, il Comune ha stanziato un milione di euro, soldi prelevati dal fondo di riserva dell’anno 2024. A ogni famiglia che troverà una sistemazione alternativa, sarà dato un contributo per l’autonoma sistemazione. E il contributo lo si potrà ottenere non solo andando in affitto, ma anche appoggiandosi a casa di amici o parenti. Inoltre, spiega Manfredi, «abbiamo chiesto disponibilità alle strutture ricettive sia in città che in provincia, anche alle strutture religiose». Contestualmente si sta procedendo con le verifiche di stabilità degli alloggi nelle Vele: «Dobbiamo valutare la possibilità di rientro delle famiglie nelle Vele. Noi dobbiamo pensare a una prospettiva di medio periodo, fino alla sistemazione definitiva».

Presente ai funerali anche il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca: «Bisogna immaginare una soluzione transitoria: non so quello che deciderà l’amministrazione comunale, che è proprietaria degli immobili e che e’ impegnata anche in un lavoro di recupero. Per quello che mi riguarda avrei demolito tutto, ma non oggi, da tempo». «E’ chiaro che vi è una grande questione sociale – aggiunge parlando coi giornalisti – ma le questioni sociali si affrontano, guardando in faccia la realtà, immaginando anche soluzioni transitorie, ma non lasciando incancrenire per decenni le situazioni fino ad arrivare alle tragedie». «Ci sarà bisogno di concretezza amministrativa e rigore – conclude -. Non si può assistere a una tragedia di queste proporzioni avendo avuto avvertimenti da anni su una situazione di pericolo».

lunedì, 29 Luglio 2024 - 17:41
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