Il caso Khelif che infiamma Parigi 2024: le critiche di Patrizio Oliva a Carini, la posizione di Meloni, lo scontro Cio-Iba

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Il match tra Imane Khelif e Angela Carini che ha creato un polverone

Un caso. Politico. Mediatico. Sportivo. La partecipazione alle Olimpiadi della pugile algerina Imane Khelif e l’abbandono del ring, dopo meno di 40 secondi di incontro, della italiana Angela Carini perché il pugno subito da Khalif «fa malissimo», gonfia le pagine dei quotidiani italiani, ingrossa il dibattito politico con la premier Giorgia Meloni che non si è sottratta a prendere posizione, e infuoca il dibattito sull’etica sportiva, un dibattito quest’ultimo che si sta trasformando in battaglia, sempre più aspra, tra l’International boxing association (Iba) ed il Comitato olimpico internazionale (Cio).

Tutto ruota attorno all’algerina 25enne Imane Khelif, medaglia olimpica sicura nei pesi welter dei Giochi di Parigi: Khelif, nata donna (lo specifichiamo perché ancora oggi circola la convinzione, frutto di una iniziale erronea informazione, che l’atleta sia transgender), presenta un elevato livello di testosterone che le donano una forza maschile. Ai campionati mondiali del 2023 a Parigi Khelif fu squalificata per non avere superato i test di idoneità al testosterone e al genere. Fu tagliata fuori anche l’atleta cinese Lin Yu-ting, campionessa mondiale di Taiwan, anche lei medaglia sicura a Parigi 2024. La decisione fu assunta dalla Iba (l’International boxing association), presieduta dal russo Umar Kremlev. Con le Olimpiadi 2024 le valutazioni sono poste in capo al Cio (Comitato olimpico internazionale) che ha ribaltato le cose, stralciando di fatto la squalifica imposta dalla Iba. Due posizioni diverse che hanno di fatto alimentato confusione e prestato il fianco alle polemiche, ma hanno anche reso più aspro lo scontro tra Iba e Cio. L’Iba del presidente russo Umar Kremlev non è più riconosciuta dal Cio del numero uno Thomas Bach che oggi è tornato nuovamente ad accusare l’Iba. Il massimo organo mondiale sportivo oggi ha tuonato: «I test di genere condotti dall’International Boxing Association su due pugili donne ai Campionati mondiali dell’anno scorso a Nuova Delhi, che hanno portato alla loro squalifica, erano illegittimi e privi di credibilità».

La questione sportiva resta aperta. Le polemiche anche. I riflettori sono tutti puntati su Khelif che, dopo avere battuto – nella competizione di boxe della categoria 66 chili femminile – l’italiana Angela Carini senza neanche dover fare sfoggio di una forza particolare, ha sconfitto (5-0) un’altra avversaria, l’ungherese Anna Luca Hamori (che ha boxato senza risparmiarsi), mentre Lin Yu-Ting ha vinto il suo incontro. Perfino Donald Trump ha parlato del caso Angela Carini nel corso di un suo comizio ad Atlanta. «Un campionessa italiana» si è scontrata sul ring con «una persona che ha fatto la transizione, un bravo pugile uomo. L’ha colpita due volte così forte che non sapeva cosa stesse succedendo», ha detto l’ex presidente riferendosi a Imane Khelif. Nei giorni scorsi, in una intervista a Sky News Uk, Lisa Nandy, ministra della Cultura e dello Sport nel nuovo governo laburista britannico di Keir Starmer: il match di pugilato alle Olimpiadi fra l’italiana Angela Carini e la rivale algerina Imane Khelif è stato «troppo corto e incredibilmente spiacevole da guardare».

Più in generale ha affermato che il caso pone «questioni biologiche complesse, più complesse» di quanto certe semplificazioni «da social media» tendano a far credere, e che è giusto che siano gli organismi sportivi a decidere. Ma ha aggiunto che i governi hanno il dovere di dare «linee guida e consigli» appropriati affinché tali decisioni siano rispettose dei diritti di tutti. Al riguardo, la ministra ha quindi fatto suoi gli interrogativi sulle «preoccupazioni di molte atlete donne se vi sia o meno equilibrio fra inclusione, equità e sicurezza» nello sport agonistico femminile: «non solo nella boxe, ma anche in altre discipline». Aveva già detto la sua la premier italiana Giorgia Meloni, che ha lamentato un combattimento «non alla pari», sottolineando che «non sono d’accordo con il Comitato olimpico internazionale». «Penso che le atlete che hanno caratteristiche genetiche maschili non dovrebbero essere ammesse alle gare femminili», ha detto durante un incontro con le atlete italiane a Parigi, in un video che ha poi pubblicato su X. Pochi giorni fa Meloni ha anche incontratoa Parigi il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), Thomas Bach e, nel corso del faccia a faccia, è stato affrontato proprio il caso Khelif e il tema delle regole per garantire equità nelle gare sportive. La posizione del governo italiano è stata poi esplicitata dal ministro per lo Sport Andrea Abodi in una intervista a La Stampa.

Breve parentesi: Abodi è uno di quelli che, prendendo per buone le primissime affermazioni di alcuni giornali sul fatto che Imane Khelif fosse transgender, avevano duramente polemizzato su questo aspetto. «L’Italia ha sollevato un tema che, come spesso avviene nel mondo dello sport, è complesso. Perché c’è la competizione, la scienza, l’etica», ha detto. «Più corretto affrontare il tema in via generale: che fare quando in uno sport esiste una differenza fisica e fisiologica tra gli atleti che competono tra di loro? – si chiede il ministro -. Il Cio ha scelto la strada inclusiva dell’attestazione burocratica. Guardiamo i documenti e stop. Quindi: le donne, anche iperandrogine, dunque con una forza straordinaria, partecipano sempre alle gare con le altre donne. Credo invece ci sia bisogno di un ragionamento scientifico più allargato che tenga conto della situazione fisica dell’atleta ma che rispetti anche l’avversaria. C’è una differenza sostanziale tra le discipline. Una cosa è un secondo, un metro, un rimbalzo di differenza. Un’altra quando parliamo di sport in cui c’è lo scontro fisico diretto e dove, oltre alla vittoria, è in gioco la salute degli atleti». Secondo il ministro «un tema così non ce lo possiamo trovare in mano a qualche ora dall’inizio delle Olimpiadi. Serve consapevolezza». Le polemiche anche da parte degli esponenti del centrodestra non rischiano di isolare l’Italia nel mondo dello sport secondo Abodi. «E’ vero che il Cio ha avuto reazioni stizzite in questi giorni. Ma i rapporti sono ottimi, stiamo organizzando Milano-Cortina. Nessun isolamento», ha concluso.

Parallelamente alle polemiche sulla partecipazione di Imane Khelif, si è sviluppato un altro fronte di critiche. Stavolta l’obiettivo è l’atleta italiana Angela Carini, che praticamente al primo pugno ricevuto s’è tirata indietro e non ha più combattuto adducendo come motivazione che «fa malissimo» e poi rifiutando di fatto di dare la mano e salutare l’avversaria, rifugiandosi, soltanto 24 ore dopo, in un messaggio conciliatore con Imane affidato ai media. Una parte dei detrattori della pugile italiana contesta alla Carini di avere “strumentalizzato” le polemiche per uscire da un incontro che avrebbe perso per inferiorità tecnica; ma c’è anche insinua l’inciucio con la politica, e in modo particolare con Fratelli d’Italia, in base al quale la Carini avrebbe fatto il passo indietro per consentire a Fdi di coltivare la sua battaglia sull’identità di genere, ottenendo in cambio una qualche promessa per il suo futuro. C’è, poi, chi ha criticato Carini per come si è comportata sul ring. La voce è autorevole ed è quella dell’ex pugile Patrizio Oliva, intervenuto ai microfoni di Radio Ctc. «Angela ha fatto un ragionamento sbagliato, la protesta andava fatta in un’altra maniera. Se sali sul ring, suona il gong e scendi è una protesta, perché ti rifiuti di combattere: così no – ha detto Oliva -. Non mi aspettavo che Angela si comportasse così. La protesta l’avrei fatta in un altro modo: salgo sul ring, suona il gong, alzo il braccio, vado nell’angolo e me ne vado», ha spiegato.

«Così faccio capire che finché non si chiarisce questa situazione, non è giusto che io debba rischiare. Ma una volta salito sul ring, si combatte. Inoltre – ha aggiunto – stiamo facendo diventare Imane Khelif Cassius Clay: ha indubbiamente una forte muscolatura, ma tecnicamente non è di un alto livello. Io l’ho vista anche in allenamento. Una volta che sei salito sul ring non puoi scendere perché fa male. Il pugile che fa? Secondo me Angela ha fatto l’errore più grande che potesse commettere. Io ragiono così, perché nessuno mi ha imposto di fare il pugile. Più volte nella mia carriera ho dimostrato che quando tecnicamente non potevo vincere con il mio tipo di pugilato, mettevo sul ring anche la possibilità di poter perdere la vita. Non mi interessava, perché era una questione anche di dignità ed orgoglio. Ho fatto il pugile, ho fatto una scelta e la devo rispettare. Se non posso vincere con la tecnica devo vincere in un’altra maniera. Questo è il ragionamento di un pugile». «In questo momento l’unica persona che mi fa tenerezza è proprio l’algerina, perché è stata sbattuta su tutti i giornali. Chi la chiama trans, chi la chiama gay, chi la chiama uomo. Ci sono degli organi preposti per decidere queste cose, non è giusto mettersi in mezzo», ha concluso Oliva.

lunedì, 5 Agosto 2024 - 17:59
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