Sei anni di reclusione chiesti per il ministro dell’Interno Matteo Salvini, e lo scontro tra magistrati e governo si riaccende.
Riannodiamo il nastro. Ieri, sabato 14 settembre, la procura di Palermo ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione di Salvini per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver ritardato di venti giorni nell’agosto del 2019 lo sbarco dei migranti a bordo della nave della ong spagnola Open Arms. Vi fu «diniego consapevole e volontario che ha leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione», ha incalzato la procura. All’epoca dei fatti Salvini era a capo del Viminale. E’ stata la procuratrice aggiunta di Palermo, Marzia Sabella, a chiudere la lunga requisitoria nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, dinanzi alla II sezione penale presieduta da Roberto Murgia. «Pensiamo che il dibattimento abbia dimostrato – ha aggiunto Sabella – che almeno dal 14 agosto 2019 sussisteva il chiaro e preciso obbligo del ministro italiano e di nessun altro di rlasciare il Pos. Che tale Pos doveva essere rilasciato senza indugio, non un’ora dopo rispetto al momento in cui era stato richiesto; che il diniego avvenne in intenzionale e consapevole spregio delle regole». E non per ragioni «di natura preventiva o repressiva, né nella tutela dello stesso migrante ristretto, né per altro bene tutelato dall’ordinamento giuridico», o «nel tentativo di proseguire un disegno politico governativo, magari con qualche forzatura giuridica non giusta, ma quantomeno tendente alla giustizia». Che dunque «il diniego consapevole e volontario ha leso la liberta’ personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione».
Le posizioni e le scelte del ministro Salvini, per il magistrato, «diedero luogo a un caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. In una condizione di estrema difficolta’ fu la Guardia costiera che non poteva premere su un ministero da cui non dipendeva». A inizio requisitoria il pm Calogero Ferrara aveva premesso che bisogna sgombrare il campo da “equivoci”. Il primo e’ che non e’ un processo politico: “L’assegnazione del Pos e’ un atto amministrativo, e non politico, come ha ribadito qui anche l’ex presidente del Consiglio Conte”. L’altro e’ che “il contrasto all’immigrazione clandestina e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non hanno nulla che vedere con questo processo. Qui ci sono tre elementi Sar – Search and rescue, l’1, il 2 e il 9 agosto, e addirittura un quarto che si verifica a ridosso di Lampedusa, dal 14 agosto in poi, quando viene consentito l’accesso a Open Arms nelle acque territoriali italiani. A dirlo chiaramente, d’altronde, e’ stato lo stesso Tribunale dei ministri, quando ha concesso l’autorizzazione a procedere”. «Sono eventi che – ha proseguito – vengono interrotti purtroppo soltanto, e ancora una volta, con un decreto di sequestro da parte della procura di Agrigento che interrompeva l’iter criminoso per cui non veniva concesso il Pos, il place of safety». «Salvini per limitare lo sbarco – ha argomentato – decide che qualunque nave che opera salvataggi in mare commette il cosiddetto ‘passaggio non inoffensivo’ perche’ pregiudizievole della sicurezza dello Stato. Ma occorrono degli elementi concreti per attuare questa norma. Ma nessuno dei testi che hanno deposto in questo processo, il prefetto di Agrigento, funzionari, ex ministri, a cui abbiamo chiesto se vi fossero terroristi, criminali o rischi di altri natura a bordo hanno confermato tale dato. Siamo in presenza di persone in difficolta’ in mare, uomini, donne e minori, che soffrono a cui sono stati negati i loro diritti fondamentali». Peraltro, «notizie su questo rischio infondato non giunsero ne’ alla Presidenza del Consiglio ne’ allo stesso imputato, che ha risposto con un secco no deponendo dinanzi a questa Corte». E comunque, “in base alle convenzioni internazionali in presenza di un evento di soccorso in mare anche i criminali o i terroristi, presunti o reali, non possono essere lasciati in mare. Anche loro devono essere salvati”, ha incalzato Ferrara, “le normative e le convenzioni dicono chesi deve procedere al safe and rescue, ricerca e salvataggio, e l’evento si conclude ‘a terra’, nel Pos, il place of safety, un posto sicuro, che non e’ detto che sia il porto piu’ vicino”.
Alla requisitoria Salvini non ha assistito, non era presente in aula. Ma ha ribattuto con un video affidato ai social: “Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani. Sei anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi e difeso l’Italia e gli Italiani? Follia. Difendere l’Italia non e’ un reato e io non mollo, ne’ ora ne’ mai”. In difesa di Salvini è intervenuta la premier Giorgia Meloni: «È incredibile che un ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, cosi’ come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale e’ un precedente gravissimo”. Bolla come “molto inopportuno l’intervento della presidente Giorgia Meloni”, la leader del Pd Elly Schlein: “Noi pensiamo che il potere giudiziario ed esecutivo siano separati secondo il principio della separazione dei poteri e quindi il rispetto istituzionale imporrebbe di non mettersi a commentare dei processi che sono aperti. Stupisce che oggi abbia trovato il tempo per commentare la vicenda di Salvini, mentre da ieri, non abbia ancora proferito parola sul patteggiamento di Giovanni Toti”.
Tra il coro di solidarietà di Salvini si sono distinte alcune dichiarazioni, di frontale attacco alla magistratura. «La richiesta è un atto politico che non ha fondamenti giuridici, ma sappiamo che l’uso politico della giustizia è una malattia antica di questo Paese, di cui Berlusconi è stata la principale vittima. La condotta della Procura della Repubblica di Palermo è inaudita – ha detto il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri -. Lo dico da relatore, in quanto allora presidente della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, del caso Salvini Open Arms. Salvini non ha ragione, ha straragione. Ha agito per la difesa della legalità repubblicana nel pieno rispetto della Costituzione, come ho dimostrato nella mia ampia relazione, contestata da alcuni soltanto per pregiudizi politici e per manovre strumentali. Gli interventi che abbiamo sentito da parte della magistratura a Palermo rappresentano un atto eversivo, che andrà approfondito anche come invasione delle competenze del libero e democratico Parlamento. C’è materia per approfondire questa vicenda e lo faremo». Ha parlato di «Grave deriva giudiziaria a Palermo», il deputato della Lega Giampiero Zinzi, «Adempiere al dovere di ministro che agisce nel solo interesse del suo Paese diventa un reato da punire con sei mesi di reclusione. Non possiamo tollerarlo – ha aggiunto -. Anche perché Salvini è riuscito a ridurre drasticamente gli sbarchi, contrastando l’immigrazione selvaggia e illegale. Massima solidarietà a Matteo Salvini». Anche per la senatrice della Lega Mara Bizzotto, vicepresidente vicario del Gruppo a Palazzo Madama, quello a carico di Salvini sarebbe «un processo politico. Di questo si tratta ed è fin troppo chiaro». Durissimo anche l’intervento di Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, che invoca un intervento di Nordio: «Non si tratta di dare semplice solidarietà al ministro Salvini, che peraltro, per quanto mi riguarda, la merita tutta sul piano umano. La vicenda è assai più grave. Ho subito con la mia comunità politica salernitana una persecuzione giudiziaria, come i processi alla fine hanno acclarato e mai, dico mai, mi sono permesso di dire una parola contro la magistratura che potesse rischiare di delegittimarla. Sono uno che, da ufficiale dei Carabinieri, ha anche rischiato la vita per difendere lo Stato e le Istituzioni, che ho sempre servito con onore e disciplina, ma non si può tacere su questo atto processuale contro Salvini perché è un vero attacco alla nostra democrazia e un insulto alla Costituzione. Spero che il ministro Nordio proceda spedito verso una riforma che oramai è vitale per l’esistenza del nostro Stato e per la salvaguardia delle libere istituzioni».
A seguito di questi attacchi la Giunta esecutiva sezionale di Palermo dell’Associazione nazionale magistrati è scesa in campo lamentando che «sono state rivolte nei confronti di rappresentanti dello Stato nella pubblica accusa insinuazioni di uso politico della giustizia e reazioni scomposte, anche da parte di esponenti politici e di Governo». «Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, indifferenti alle regole che disciplinano il processo, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche e che costituiscono indebite forme di pressione sui magistrati giudicanti», continua la nota. «Sarà il Tribunale a vagliare la fondatezza dell’accusa, con indipendenza e terzietà, guidato solo dallo scrupoloso rispetto di tutte le norme vigenti in materia. La piena uguaglianza di tutti di fronte alla legge è l’autentica essenza della democrazia, a prescindere dalla carica e dal rilievo politico, ed il processo che si sta celebrando a Palermo è esso stesso un momento di fondamentale democrazia», ha proseguito l’Anm.
domenica, 15 Settembre 2024 - 18:47
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