Calenda mastica amaro, 4 ex di Fi lasciano Azione e lui accusa. Tajani avverte: «Forza Italia non è un taxi»


Carlo Calenda non le manda giù: le defezioni improvvise di quattro parlamentari che Azione aver imbarcato quando in Forza Italia gli spazi elettorali per le Politiche si erano ristretti fanno male. E fanno male soprattutto perché fanno scivolare Azione verso il precipizio dell’irrilevanza. In Senato, Azione – che sta nel gruppo misto – conta adesso soltanto due senatori, ossia Calenda e Marco Lombardo (ex Pd). Non ci voleva. Non ci voleva perché sono alle porte tre importanti appuntamenti elettorali, che Calenda voleva giocarsi: Regionali in Emilia Romagna, Liguria e Puglia, e poi più in là Campania.

Rispetto ai primi tre appuntamenti Calenda ha posizionato Azione al fianco del centrosinistra, e lo stesso accadrà in Campania considerato che qui Azione siede nelle fila della maggioranza di Vincenzo De Luca. Una scelta di campo che quattro ex forzisti entrati in Azione hanno cavalcato per strappare l’accordo di matrimonio con Calenda e uscire dal partito. Enrico Costa prima, e a seguire Maria Stella Gelmini, Giusy Versace e Mara Carfagna hanno in estrema sintesi lamentato il posizionamento di Azione nel campo largo, spiegando che per la loro storia mai potrebbero affiancarsi al centrosinistra.

«Ho vissuto con disagio ogni posizione del partito in direzione del campo largo. In tre Regioni su tre l’alleanza con Pd, sinistra radicale e Cinque Stelle. Di fronte a questo, non potevo far finta di nulla. La mia storia parla per me», ha detto Gelmini in un’intervista al Corriere della Sera. «Non sono di sinistra, non ho alcuna intenzione di diventarlo ora – ha aggiunto – e la decisione di sostenere Orlando in Liguria è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso». «In Liguria – ha spiegato – c’è un sindaco come Bucci che è il sindaco del ponte Morandi, che viene da una storia d’impresa e dice sì alle grandi opere. Non avrei avuto dubbi tra Bucci e Orlando, nulla di personale con lui, ma il campo largo non mi appartiene. Il fallimento del Terzo polo, di cui non mi sento responsabile – ha proseguito – ha reso più difficile il consolidamento del centro come entità autonoma, ma la mia metà campo non può essere quella della sinistra radicale e del populismo a cinque stelle. Non si può considerare questa scelta come locale, ma una scelta che prefigura un posizionamento nazionale».

Così addio Azione. Con Calenda costretto a cercare di recuperare l’immagine del partito e a ridefinire l’organigramma: Gelmini ricopriva la carica di vicesegretario, Carfagna era il presidente. La parola d’ordine, adesso, è cercare di non scoraggiare il proprio elettorato, di non apparire deboli. E così Calenda in tv prova a ridimensionare gli addii, dando loro il valore di una mera strategia politica. «Azione ha sempre cercato di fare dell’etica dei comportamenti uno dei suoi punti di forza. Sono deluso ovviamente, noi abbiamo aperto a Mara e Mariastella quando con coraggio si erano dissociate da Berlusconi sulla sfiducia a Draghi. E tuttavia i comportanti sono rimasti gli stessi, un modo di far politica a cui erano abituate. Quando il Terzo Polo si è rotto e la situazione si è fatta più difficile di fatto sono sparite, poi abbiamo letto sui giornali che stavano negoziando con più partiti», ha detto il leader di Azione Carlo Calenda ad Agorà su Rai3. Gelmini e Carfagna, secondo Calenda, per lasciare il partito hanno «dato una motivazione risibile, perché rispetto al campo largo Azione rimanere dove è». «Ciò che è grave non è lasciare il partito – prosegue -, perché si può e si deve fare se uno non si sente più a casa. Ciò che ritengo grave è che a metà della legislatura due persone per avere dei posti passino dall’opposizione a votare col governo, perché questa è una delle cose che gli elettori e i cittadini non capiscono».

Se Calenda si lecca le ferite, nel centrodestra ci si contende i fuoriusciti. Enrico Costa è tornato a casa, è tornato cioè in Forza Italia. Maria Stella Gelmini, invece, sarebbe pronta ad entrare in Noi moderati di Maurizio Lupi. E il partito di Lupi potrebbe accogliere anche Carfagna e Versace. In tal modo si arginerebbe un eventuale nuovo rafforzamento di Forza Italia, cosa che Meloni in fondo teme soprattutto in vista delle Regionali. Lupi, invece, è stato sin dal primo momento al fianco della Meloni, e la manovra di aprire le porte agli ex forzisti andrebbe a bilanciare gli equilibri di coalizione. Quanto a Forza Italia, su possibili nuovi ingressi nel partito dopo Enrico Costa, Antonio Tajani è stato chiaro: «Forza Italia non è né un taxi, né un albergo a ore. Chi viene da noi deve farlo per lavorare, non per cercare un posto, questo deve essere molto chiaro. Tutti quelli che hanno scelto di venire con noi, lo hanno fatto per partecipare alla scelta di un grande progetto politico: occupare lo spazio tra Meloni e Schlein…».

giovedì, 19 Settembre 2024 - 18:22
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