Venticinque piazze di spaccio, con un volume di affari pari a mezzo milione di euro al mese. Gli affari illeciti del clan Angelo-Gallo attivo nel comune di Caivano, in provincia di Napoli, sono contabilizzati nell’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip Ambra Cerabona del Tribunale di Napoli che ieri mattina, martedì 1 ottobre, è sfociata in 49 ordinanze in carcere e una agli arresti domiciliari: in calce al provvedimento i reati, contestati a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzato al traffico di droga, nonché singoli episodi di spaccio o detenzione con l’aggravante della matrice camorristica.
È il quarto blitz contro le cosche che operano sul territorio elevato dal governo Meloni a modello di rinascita e di riscatto da degrado e illegalità. Una nuova importante operazione che spinge il procuratore Nicola Gratteri, in conferenza stampa, ad affermare che «almeno per il momento il clan è decapitato, dal momento che non ci risulta l’affermazione di nuove leve». Tradotto: il campo è libero. Libero dai pesi “massimi” della criminalità.
Così Gratteri ha lanciato un messaggio alla collettività, alla parte sana della popolazione locale: «Sta a noi continuare a stare su quel territorio e sta ai cittadini decidere se continuare a nutrire consenso alla camorra. Ora sta a tutti noi fare scelte di campo perché la camorra esiste solo se si interagisce con essa. Se si finisse di interagire con la camorra, se si finisse di guardare la camorra, di relazionarsi, di salutarla, allora sarebbe l’inizio della fine. Fino a quando la gente comune si relaziona, finché se ti rubano una macchina invece di fare la denuncia ai carabinieri ti rivolgi al cavallo di ritorno, allora è un pozzo senza fondo e continueremo ancora negli anni».
A Gratteri ha fatto eco il il generale Enrico Scandone, alla guida del Comando provinciale dei Carabinieri di Napoli: «L’Arma ha creduto in questa indagine il cui obiettivo era smantellare il clan, perché è giusto che quel territorio abbia una capacità di amministrazione propria. Abbiamo voluto colpire l’aggressività di questa organizzazione dotata anche di armi da guerra e soprattutto bisognava colpire il loro guadagno».
Tra i destinatari della misura cautelare c’è anche Massimo Gallo, ritenuto ai vertici del sodalizio. Un personaggio apparso spietato, che in una intercettazione diceva: «Devono avere paura dei killer, non degli sbirri». Gallo si era espresso così all’indomani del sequestro, da parte dei carabinieri, di un laboratorio nel quale veniva lavorata la droga, al cui interno sono state trovate e sequestrate anche armi. Dopo il sequestro, Massimo Gallo ha ordinato una spedizione punitiva nei confronti di un residente del Parco Verde, sospettato di aver fornito la soffiata alle forze dell’ordine e al quale il clan ha distrutto l’automobile. In un’intercettazione, il capoclan chiarisce la sua posizione circa il clima di intimidazione che doveva esserci nel quartiere nei confronti dell’organizzazione criminale: «Devono avere paura dei killer, non degli sbirri», diceva Gallo. «In questo modo – ha sottolineato in conferenza stampa il comandante del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, maggiore Antonio Coratza – si voleva affermare il fatto che la consorteria criminale sentisse il territorio come proprio».
Le indagini hanno anche catturato la preoccupazione del boss Gallo per il Covid tanto da impedire agli affiliati di salire a casa sua per consegnare i proventi delle vendite. E così, munito comunque di mascherina e tampone, preferiva – durante in mesi caldi della pandemia – che il denaro frutto dello spaccio venisse messo in un cesto calato da una finestra o da un balcone, per evitare qualsiasi tipo di contatto. «Mi devi fare un favore – dice Gallo in una intercettazione che risale al 10 marzo 2020 – qua sopra non devi salire più, mi devi fare questo piacere, mi chiami e me li dai da dentro al paniere». Oltre a Gallo, è stata arrestata anche la moglie alla quale era stata affidata la gestione della cassa comune del gruppo criminale.
mercoledì, 2 Ottobre 2024 - 00:30
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