Sono state violate pure le banche dati dello Sdi e quelle del sistema valutario legato alle cosiddette Sos di Bankitalia. Dopo il caso di hackeraggio del sistema informatico del ministero della Giustizia ad opera di un 24enne di Sciacca, da Milano arriva una nuova storia di hackeraggio che – da un lato – rilancia, e costringe a una seria riflessione le autorità competenti, il problema della facilità di “accesso” dei pirati dell’informatica a sistemi che dovrebbero essere a prova di attacco; e che dall’altro lato, per dirla con le parole del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, «consente di iniziare a unire qualche puntino» per «comprendere il funzionamento di un gigantesco mercato delle informazioni riservate». Un mercato nel quale, è l’aspetto più inquietante, si muovono come abili registi anche esponenti delle forze dell’ordine, attualmente in servizio oppure ex. Persone che agiscono per soldi, e che affondano le mani in contenuti “mirati”.
Venerdì pomeriggio, 25 ottobre, i carabinieri del nucleo Investigativo di Varese, coordinati dalla Dda di Milano, hanno eseguito sei misure cautelari, a firma del gip Fabrizio Filici, per associazione per delinquere finalizzata all’ accesso abusivo a sistema informatico. Quattro persone sono finite ai domiciliari con braccialetto elettronico per associazione a delinquere, accesso abusivo a sistema informatico e intercettazioni illegali: l’ex poliziotto Carmine Gallo (per decenni collaboratore di magistrati come l’ex capo dell’Antiterrorismo milanese, Alberto Nobili di cui è stato testimone di nozze), l’informatico Nunzio Samuele Calamucci, Giulio Cornelli e Massimiliano Camponovo. Interdetti per 6 mesi dalla professione invece due agenti delle forze dell’ordine ritenuti infedeli: il sovrintendente della Polizia del Commissariato di Rho (dove Gallo è stato Commissario sul finire della carriera) e il maresciallo della guardia di finanza in forza alla Direzione investigativa antimafia di Lecce, Giuliano Schiano. Il gip ha infine sequestrato tre delle sette aziende coinvolte nell’inchiesta: la Equalize (società di investigazioni e analisi dei rischi), la Mercury Advisor e la Dag. La Equalize srl è stata fondata proprio dall’ex poliziotto indagato, Carmine Gallo. Il 66enne è amministratore delegato della società con il 5 per cento delle quote. Il resto delle azioni è in mano al presidente Enrico Pazzali (indagato), che è anche presidente di Fondazione Fiera Milano (totalmente estranea all’inchiesta), 60 anni, già manager nel settore pubblico e privato in Eur, Vodafone, Fiera Milano, Sogei. La Equalize con 1,9 milioni di euro di giro d’affari e 648mila euro di utile nel 2023 si occupa di servizi di “gestione dati e informazioni commerciali” e “reti informatiche”, “investigazioni” e “verifiche dei sistemi di controllo”, management reputation. Anche attraverso la società di investigazione, la presunta associazione per delinquere composta da hacker e appartenenti alle forze dell’ordine avrebbe prelevato dalle banche dati strategiche informazioni su conti correnti, precedenti penali ed altro, evadendo la richiesta dei “clienti” interessati a condizionare le attività di loro “concorrenti”. Equalize, stando alle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, avrebbe fornito ‘servizi’ anche in uno scenario di “faide”, stando a quanto riferito, e di rivalità tra famiglie dell’imprenditoria. Sarebbero stati scaricati dai terminali, poi, sempre per finalità di “condizionamento”, anche dati di esponenti politici. In alcuni casi, infine, le informazioni riservate sarebbero state girate ai media, e quindi rendendole pubbliche, con lo scopo di fare pressioni.
Nell’ambito della indagine, la procura ha accusato di illeciti amministrativi per “inosservanza degli obblighi di vigilanza” anche la Neis Agency, la Skp Investigazioni, la Skp Servizi di Sicurezza e la ML Multiservice. La procura aveva chiesto misure cautelari anche per altre dieci persone, ma il gip non ha accolto l’istanza: gli inquirenti hanno fatto sapere che presenteranno ricorso al Riesame. Tra gli indagati vi sono poi anche Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio, e il banchiere-finanziere Matteo Arpe. In particolare Del Vecchio jr è accusato di avere commissionato ricerche di informazioni durante la complicata vicenda ereditaria della dinastia industriale che, attraverso Delfin, possiede azioni di Mediobanca, Generali, Luxottica e altre: attraverso il suo legale, Del Vecchio ha fatto sapere di essere semmai parte lese della vicenda che gli inquirenti stanno cercando di ricostruire, e si è detto certo di riuscire a dimostrare la sua estraneità alle contestazioni mosse.
Il ruolo degli esponenti delle forze dell’ordine
Erano i «pubblici ufficiali», cioè gli appartenenti alle forze dell’ordine coinvolti, ad avere «le credenziali per l’accesso» alle banche dati strategiche. L’organizzazione, è stato chiarito, voleva «realizzare su mandato specifico di clienti», tra cui «importanti imprese italiane ed estere», dossier, report, che «a volte venivano camuffati da notizie giornalistiche per nascondere l’origine» illecita del prelevamento di quelle informazioni riservate. Per Viola si può «parlare di un gruppo di hacker», che aveva «apparati molto sofisticati».
Nel mirino di questa organizzazione sono finite la banca dati dello Sdi – istituita per consentire alle diverse forze di polizia di svolgere indagini ed attività di pubblica sicurezza-, di Serpico dell’Agenzia delle Entrate e quella dell’Inps, gli archivi dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, e il sistema informatico valutario legato alle segnalazioni di operazioni sospette, le sos, trasmesse dall’Unità di informazione finanziaria della Banda d’Italia.
Chi sono gli “spiati”: il mondo dell’economia e della finanzia era il principale bersaglio
L’organizzazione era impegnata in una «attività di dossieraggio su larga scala» commissionata – secondo gli inquirenti – da grandi imprese, studi professionali e legali e da altri “clienti”. I suoi membri sarebbero stati in grado di intercettare “mail, chat e whatsapp”, di acquisire “tabulati di traffico telefonico” e il “posizionamento dei cellulari” in tempo reale. Tra i «contenuti e le persone spiate, il fronte di maggiore interesse – ha aggiunto il procuratore di Milano, Marcello Viola, sembra quello del mondo dell’economia, della finanza e dell’imprenditoria». Tra gli spiati e hackerati ci sono, ad esempio, il presidente del Milan ed ex ad dell’Eni, Paolo Scaroni, il presidente di Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini, ma anche numerosi giornalisti come Giovanni Dragoni del Sole 24 Ore e Giovanni Pons di Repubblica. Oggetto di interesse dell’attività di dossieraggio anche Virginia von Furstenberg, nipote di Gianni Agnelli, l’ex presidente dell’Unione delle Camere penali Giovandomenico Caiazza, Ginevra Caprotti della dinastia imprenditoriale di Esselunga. Eccetto persone vicine a Letizia Moratti, «non ci sono emergenze di rilievo che portano alla politica», ha sottolineato il procuratore Marcello Viola, aggiungendo che l’inchiesta sta andando avanti.
Tra i committenti ci sono grosse realtà imprenditoriali e industriali. Spunta il nome dell’azienda Barilla o quello del colosso dell’energia della famiglia Garrone, Erg. Rispetto al caso Barilla, un senior vice president security della multinazionale avrebbe preso infatti contatti con la società di investigazioni Equalize di Carmine Gallo ed Enrico Pazzali per commissionare un dossier su un giornalista di Milano Finanza e scoprire chi fossero le sue fonti all’interno del gruppo che gli passavano notizie riservate, come anticipazioni sul cambio del management di Barilla. Per farlo viene chiesto esplicitamente di acquisire i tabulati e i dati sul traffico telefonico del cronista.”La strada da percorrere si può percorrere, parlo con i miei”, gli dice intercettato il super poliziotto Gallo. “Ovviamente non ci sono, diciamo limiti di natura di nessuna natura- risponde il manager – nel senso che il tema è importante quindi si investe quello che c’è da investire”. Diversa la vicenda Erg dove, a prendere contatto con quelle che ora è ritenuta dagli inquirenti una banda di criminali informatici, è uno degli ‘internal auditor’ della società. Chiede di attivare “intercettazioni” sui device di alcuni dipendenti, sospettati di effettuare operazioni di “trading online” durante l’orario di lavoro. Ma non è tutto. Un altro caso riguarda il presidente di Fondazione Fiera Milano, già manager di Eur, Vodafone, Regione Lombardia, Sogei e Poste Italiane: secondo gli inquirenti avrebbe incaricato il vicentino Gabriele Pegoraro (48 anni), con la mediazione di Gallo e di altri soggetti indagati della società di security SKP, di introdursi abusivamente nei telefoni, pc e tablet di giornalisti economico-finanziari, del presidente di Cdp Giovanni Gorno Tempini e del suo ‘uomo’ per le relazioni istituzionali in via Goito, Guido Rivolta, oltre che di Giuliana Paoletti, esperta di comunicazione che gestisce uffici stampa e relazioni di importanti aziende. Avrebbero dovuto acquisire informazioni sugli spostamenti dei loro target e sui contenuti delle chat “esfiltrando” parole chiave come “Pazzali”, “Fiera”, “Eur”, “Fontana” e “Bonomi” e all’interno di quali comunicazioni intercorse con terzi. Una volta acquisiti i dati, le conversazioni sarebbero state alterate e modificate. Infine sarebbero state redatte delle relazioni che “passavano anche nelle mani di Pazzali” che le avrebbe utilizzate nei suoi rapporti con la stessa Paoletti e con la ministra del Turismo, Daniela Santanchè (estranea all’indagine).
domenica, 27 Ottobre 2024 - 16:30
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