La vendita dei biglietti per i concerti allo stadio Giraud? La gestiva Felice Savino, cognato dello storico padrino Valentino Gionta, tanto che a lui erano costretti a rivolgersi, per i ticket, anche gli esponenti di famiglie criminali rivali. La possibilità dei figli degli affiliati dei Gionta di giocare nella squadra simbolo della città? Era nelle mani della camorra, sempre Gionta per intenderci. E la “tranquillità” di calciatori e società del Savoia? Anche su quella i “Valentini” avevano messo il loro ombrello. O meglio avevano messo una «cappa estorsiva» per dirla con le parole del giudice per le indagini preliminari Giovanni de Angelis della sedicesima sezione penale del Tribunale di Napoli. A Torre Annunziata il clan Gionta non solo ha resistito ad arresti e condanne, ma è riuscito ad esercitare il suo potere criminale, continuando a condizionare anche le attività della squadra di calcio simbolo del comune vesuviano in provincia di Napoli.
Questa mattina Felice Savino e Ciro Scognamiglio, indicato dagli inquirenti come fedelissimo della cosca, sono stati arrestati in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere spiccata dal gip De Angelis: devono rispondere di estorsione, con l’aggravante della matrice camorristica, in riferimento a un episodio estorsivo da 3mila euro risalente all’estate 2022, quando al timone del Savoia c’era la dirigenza poi dimessasi. Quei soldi, è scritto negli atti di inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, servivano per consentire al Savoia di proseguire le attività in tranquillità. A imporre il pizzo fu – secondo la ricostruzione della magistratura inquirente – Felice Savino, che – in barba ai divieti di incontri previsti dalla misura dei domiciliari cui all’epoca era sottoposto – convocò presso la sua abitazione l’allora direttore sportivo del club. Savino offrì al ds «la sua protezione e il suo appoggio… per qualsiasi cosa», poi Scognamiglio – che aveva condotto il ds da Savino – disse alla vittima che «bisogna tenerselo buono questo qua».
E «per tenerselo buono», Scognamiglio intendeva che occorreva pagare la tangente. O meglio, le «polpette» come sono stati indicati i soldi dati a Savino nel corso di una delle intercettazioni a sostegno dell’inchiesta. Nel compendio accusatorio trovano posto anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che non parlano del fatto oggetto di contestazione ma ricordano come i Gionta abbiano per decenni tenuto in scacco il club Savoia e anche lo stadio Giraud. Il pentito Vincenzo Saurro ha riferito che – almeno dal 1994 al 2006 – il sodalizio avrebbe preteso «delle spettanze, a titolo estorsivo e anche di regalo, su tutti gli eventi sportivi e non, che si facevano all’interno dello stadio». «Il controllo sull’impianto sportivo e sulla squadra di calcio era totalmente in mano alla famiglia Gionta», ha detto Saurro, tanto che gli affiliati ad altri clan, pure rivali ai Gionta, erano costretti a rivolgersi ai “Valentini” per avere i biglietti degli eventi. E sempre i Gionta avrebbero deciso se i figli di affiliati o parenti potessero giocare. Fatti che nell’ottica accusatoria dimostrerebbero la capacità pervasiva dei Gionta di controllare ogni aspetto economico di Torre Annunziata. Storie, però, che apparterrebbero al passato. L’attuale dirigenza, quella che vede in prima linea Emanuele Filiberto di Savoia e l’imprenditore farmaceutico Nazario Matachione, ha tenuto a far sapere – mediante una nota stampa – di non aver «mai ricevuto alcuna richiesta estorsiva» e che mai sarà consentito «a nessuno di potersi avvicinare alla nostra società».
mercoledì, 30 Ottobre 2024 - 22:30
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