Il piede pestato e l’assurdo omicidio di Santo, gli amici volevano pulire la scarpa sporcata. La mamma: «È uno schifo»

fiaccolata santo romano pubblicata da Potere al popolo - sezione Volla
La fiaccolata a San Sebastiano al Vesuvio (foto pubblicata da Potere al popolo - sezione Volla)
di maga

«Ce ne andiamo, ce ne andiamo subito». Santo non voleva grane. La mamma Mena lo ripeteva come un mantra a lui e alla sorelle: «Se vedete qualcosa che non va, che qualcuno vuole attaccare briga, passate pure per scemi ma andatevene, perché non ne vale la pena». E la sera tra venerdì e sabato, in piazza Raffaele Capasso a San Sebastiano al Vesuvio a pochi passi dal “totem della pace” dell’artista Molinari, Santo Romano, calciatore 19enne, ha cercato di mettere in pratica i consigli materni. «Ce ne andiamo subito», ha ripetuto al 17enne del quartiere napoletano di Barra che aveva iniziato ad alterarsi perché un amico di Santo gli aveva, per sbagliato, calpestato un piede. Lui, Alessandro, si è subito scusato e s’è pure offerto di pulire la scarpa, proprio per cercare di placare gli animi. Ma quel 17enne – che è uscito dall’istituto penitenziario di Nisida lo scorso maggio dopo avere espiato una pena per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti – non ne ha voluto sapere. Voleva attaccare briga, era sceso armato. E la pistola, alla fine, l’ha usata. Ha premuto due volte il grilletto. Il primo colpo ha raggiunto Santo al petto e il 19enne è stramazzato al suolo. Il secondo colpo ha raggiunto Salvatore, 19 anni pure lui e compagno di squadra di Santo. Il proiettile l’ha colpito al gomito: «Mi sento un miracolato – dice a Pomeriggio Cinque -. Stavo cercando di spostare Santo, che era stato già ferito. Proprio questo, mi ha salvato la vita. Se non avessi avuto il mio braccio davanti al mio corpo nel gesto di tirare Santo, il proiettile mi avrebbe colpito alla pancia».

È un racconto da brividi quello degli amici di Santo Romano. Un racconto sul quale piovono il dolore e la rabbia di Mena, la mamma di Santo. «È inconcepibile tutto quello che sta succedendo. Con tutto quello che si sente, io dicevo sempre ai figli: “Qualsiasi cosa accada girate le spalle e andate via. Non vale la pena rischiare la vita”. Santo voleva solo proteggere gli amici, che si sono scusati più volte per la scarpa sporca. Ma questo ragazzino ha dovuto massacrare per avere la soddisfazione della scarpa sporca», dice Mena a Pomeriggio Cinque. Né lei accetta ciò che la difesa del 17enne ha sottolineato nelle scorse ore, ossia che il minorenne abbia «problemi di natura psichiatrica come accertato da una precedente perizia eseguita due anni fa durante un procedimento per l’aggressione subita in casa dalla madre». «Questa perizia – ha spiegato l’avvocato Luca Raviele – sarà fornita al giudice e fungerà da base alla mia richiesta per accertare se il ragazzo avesse la capacità di intendere al momento della sparatoria e se abbia le capacità per partecipare al giudizio». «Non devono passare i messaggi che lui non è capace di intendere e volere – tuona la madre di Santo Romano -. Queste persone agiscono con consapevolezza e i devono prendere le loro responsabilità e pagare per ciò che fanno, devono pagare fino alla fine dei loro giorni. È uno schifo, sono persone senza cuore».

Quindi la donna si è rivolta alla classe politica: «Lo Stato che deve mettere fine pena mai, perché solo così può fermare quello che sta succedendo. Se uno dopo tre anni esce, un altro scemo, un altro bullo fa lo stesso». Domani il 17enne comparirà dinanzi al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Napoli: udienza di convalida del fermo e interrogatorio. Il giovane potrà decidere se cristallizzare la versione dei fatti offerta a caldo al pubblico ministero dopo il fermo. Al magistrato inquirente, il 17enne ha riferito di avere agito per legittima difesa. Ha raccontato di una discussione, ma poi ha aggiunto di essere stato “accerchiato” dal gruppo di cui facevano parte anche Santo e l’amico Salvatore. Ha sostenuto che qualcuno lo ha tenuto bloccato per un braccio, che un altro lo avrebbe preso a schiaffi e che un altro avrebbe estratto un coltello. Quindi, lui avrebbe sparato sentendosi in pericolo. Una versione dei fatti che cozza con il racconto degli amici di Santo. L’autopsia sul corpo del giovane, che si terrà sempre domani, potrà restituire qualche elemento definitivo sulla dinamica e anche sulla distanza tra il 17enne e Santo al momento dello sparo. Nel frattempo proseguono le indagini dei carabinieri: si cerca ancora la pistola usata per il delitto, quella che il 17enne ha detto di aver comprato dagli “zingari” sapendo che, in tal modo, non si può accertare il fatto e non metterà altri nei guai; si cerca poi di identificare l’amico che era con lui e di cui il 17enne non vuole fare il nome avendo precisato che «ho fatto tutto da solo».

Mancano, dunque, ancora dei tasselli a questo ennesimo puzzle di violenza minorile che sta scuotendo le coscienze. Ieri sera alla fiaccolata organizzata in tutta fretta a San Sebastiano per rendere omaggio a Santo Romano, c’erano circa 2mila persone. Sabato si cerca di replicare. Questa volta a Napoli città. Associazioni, sindacati e altre realtà impegnate nel sociale – 75 sigle hanno aderito finora – scenderanno in piazza nel corso di un’assemblea pubblica promossa da Libera Campania, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Napoli, che si terrà alle 10 in piazza Cavour. Gli omicidi di Salvo ed Emanuele, spiegano i promotori della mobilitazione, sono «ferite che colpiscono e interrogano Napoli». «Pistole, esplosivi, armi di medio e piccolo taglio circolano tra le strade, le piazze, i vicoli e le scuole della nostra Napoli e feriscono, ammazzano, provocando dolore e morte. Armi e droghe, troppo facili da acquistare e che finiscono nelle mani di giovani, adolescenti, bambini. Armi che vengono utilizzate senza controllo di giorno come di notte, quando gran parte della città spesso è lasciata in balia di bande e criminalità». L’obiettivo della mobilitazione è di «liberare Napoli dall’uso e dalla cultura delle armi».

Per il sindaco Gaetano Manfredi, «a Napoli abbiamo una reale emergenza, quella delle armi in mano a ragazzini. Ci sono giovani che hanno cominciato a commettere reati con le armi in pugno già a 14 o 15 anni e questo ci deve far molto riflettere. E agire». Secondo il sindaco, «bisogna intervenire nella direzione della vigilanza, con attività di controllo del territorio, soprattutto di notte, quando questi eventi nella maggior parte dei casi avvengono». Dunque, «più videosorveglianza e più vigili in strada la sera», ma serve anche «un’attività di monitoraggio, di controllo ed anche di recupero e inclusione di questi ragazzi, che vanno seguiti, sapendo che spesso vengono da contesti familiari molto difficili». «Mi ha colpito molto – ha aggiunto Manfredi – il fatto che l’ultima vittima è stata uccisa da un minore che era uscito da poco dal carcere e che aveva dei comportamenti non gestibili. Ragazzi come lui vanno seguiti con procedure specifiche; senza un’attenzione particolare da parte di chi ha competenze, ci possono essere altri casi del genere».

lunedì, 4 Novembre 2024 - 21:20
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