E adesso? Adesso cosa accadrà all’interno dell’universo Pd? E soprattutto, quale direzione prenderà l’imminente campagna elettorale? Ieri pomeriggio in un’Aula Siani affollata come non mai, al pari della sala stampa gremita di cameraman e giornalisti di trasmissioni televisive nazionali, il Consiglio regionale della Campania ha dato il via libera alla legge sul terzo mandato che di fatto consente, sulla carta, a Vincenzo De Luca di ricandidarsi alla guida della Regione superando l’ostacolo del tetto del doppio mandato. L’ok è arrivato a maggioranza, 34 voti contro i 16 contrari (centrodestra, grillini e Maria Muscarà del Misto) e un astenuto (Bruna Fiola del Pd, che da tempo è in rotta di collisione con De Luca). Il Pd ha votato compatto, esprimendo 8 voti, inclusi dunque quelli del presidente del Consiglio Gennaro Oliviero e dello stesso De Luca: la notizia e il nocciolo della questione è tutta qui. Il Pd alla Regione si è schierato con De Luca, ignorando i diktat lanciati dalla massima espressione del partito, la segretaria nazionale Elly Schlein, nei tormentati giorni che hanno preceduto prima il voto in Commissione – che ha dato il via libera allo step in Consiglio – e poi il voto di ieri. De Luca ha così dato una manifestazione di forza alla Schlein, la quale non ha mai fatto mistero di voler “rottamare” il sistema deluchiano: per ora lo “sceriffo”, che si fa beffe dei rivali (interni al Pd soprattutto) mostrando scherzosamente in Aula un cornetto portafortuna, porta il punto a casa, presentandosi in vantaggio a una eventuale trattativa col Pd nazionale. Sì, perché adesso i dem hanno un problema di non scarsa entità in Campania.
De Luca, anche nei mesi scorsi, ha ripetuto che con o senza il Pd si candiderà, e poco conta se – nel documento sottoscritto l’altro giorno come formula compromissoria per dare il via libera al terzo mandato – lo stesso De Luca accetta di rimettere la volontà della candidatura al Pd. Con il voto di ieri, De Luca ha dimostrato di avere ancora in mano il “potere” e soprattutto di avere un “seguito”: per il momento ha dalla sua parte la flotta di consiglieri che sul territorio raccoglie migliaia e migliaia di preferenze e ha consentito al centrosinistra per ben due mandati di vincere le elezioni. Mentre il Pd nazionale ha dimostrato di non essere preso sul serio dai suoi stessi uomini, che nei fatti si sono ammutinati salvo poi cercare di giustificare il sì al voto con spericolate capriole argomentative (tipo: è un voto tecnico, non è un voto politico). Cosa rischia di determinare questa situazione? Gli scenari sono molteplici: De Luca, forte di avere in mano le chiavi della Regione Campania e del Pd regionale, potrebbe ambire a qualche altro prestigioso incarico in cambio di un passo indietro e della “consegna” pacifica del Pd regionale a Elly Schlein, questo sempre che la segretaria sia disposta a sedersi al tavolo delle trattative. Non va dimenticato che ad oggi Schlein è la maggiore oppositrice di De Luca e sullo “sceriffo” non ha mai cambiato idea.
La seconda possibilità è che il Pd nazionale, alla fine, giunga a più miti consigli e decida di dare il via libera a De Luca, ma questo scenario al momento sembra quello meno quotato. Tuttavia le chance di De Luca aumenterebbero qualora Schlein lasciasse il partito, ma questo potrebbe avvenire soltanto nel caso in cui il Pd perdesse le elezioni in Emilia Romagna. Terzo scenario: Elly Schlein tirerà dritto per la sua strada, mettendo in conto la possibilità di perdere la Regione a vantaggio del centrodestra che resta fermo sul dischetto per capire se potrà tirare un facile rigore a porta vuota. In questo caso a De Luca sarebbe sbarrato l’accesso a qualsiasi opzione interna al Pd, costringendo lo “sceriffo” alla scissione e quindi alla frantumazione e dispersione dei consensi. In caso di strappo doloroso, De Luca potrebbe trascinare con sé esponenti di peso del Pd, nonché Italia viva – che a livello nazionale è stato “espulso” dal campo largo – e Azione, partito che ha partorito la norma “salva De Luca”.
Questa ipotesi è quella più temuta dai consiglieri regionali, che vorrebbero evitare di essere costretti a scegliere se lasciare o meno la casa Pd o seguire De Luca con il quale sono stati garantiti dieci anni di governo e che, sulla carta, risulta essere ancora il candidato più accreditato a vincere la prossima competizione elettorale. Le parole pronunciate da Mario Casillo, capogruppo Pd in Consiglio regionale, durante il suo intervento in Aula fanno ben capire la questione: «Rivendichiamo con orgoglio un lavoro lungo che ha portato in questo territorio dei risultati inaspettati. Non si può non tener conto del lavoro fatti in questi anni». E ancora: «C’è una sola maglietta politica che noi abbiamo ed è la maglietta della Regione Campania. Significa che nella maglietta della Regione Campania devono convivere insieme due anime, stare insieme ci consente di governare ancora insieme 5 anni e migliorare le cose». La parola d’ordine, dunque, per il Pd regionale è ricucire i rapporti con i vertici nazionali. Per dirla sempre con le parole di Casillo: bisogna «ridurre le distanze e lavorare tutti quanti insieme». Questo «lavoro politico» di sintesi è affidato proprio a Casillo che, subito dopo il voto, incontrando i giornalisti, si è detto fiducioso e possibilista. «Ho visto tante volte che si parla male del partito ma poi nei momenti importanti siamo bravi a mettere da parte questo individualismo e far prevalere le ragioni di gruppo e della collettività. Ci credo – ha concluso -, ci spero, ci lavorerò e farò di tutto affinché questa sintesi si possa attuare». Parole di conciliazione sono state espresse anche dal consigliere regionale Massimiliano Manfredi, fratello del sindaco di Napoli Gaetano (quest’ultimo in rotta con De Luca): «Non bisogna fare muro contro muro, il Pd della Campania è con il Pd nazionale». Anche il capogruppo di Iv Tommaso Pellegrino si è augurato una ricomposizione della crisi: «Riteniamo che De Luca possa essere il candidato migliore anche per la prossima legislatura – ha detto il capogruppo di Iv in Consiglio, Tommaso Pellegrino -. Abbiamo il dovere e la responsabilità di trovare la quadra, sarebbe irresponsabile e da incoscienti presentarci divisi, abbiamo la responsabilità politica di mantenere la coalizione unita anche alle prossime elezioni».
La strada della Reunion sembra però molto impervia. Subito dopo il voto in Consiglio, Igor Taruffi, responsabile organizzazione nella segreteria nazionale, fa sapere: «Deve essere chiaro che il voto espresso oggi non sposta di un millimetro la posizione del Pd nazionale sul limite dei due mandati per le cariche monocratiche. Vincenzo De Luca non sarà il candidato presidente sostenuto dal Pd alle prossime elezioni regionali».
Mentre il Pd offre dunque l’ennesimo psicodramma, il centrodestra – che pure sta vivendo mesi di litigiosità sul candidato governatore da esprimere – si gode lo spettacolo e cerca di capire in che modo possa approfittarne. «Ci saranno delle elezioni che il centrodestra è pronto a vincere, siamo pronti a governare – ha detto il deputato Giampiero Zinzi della Lega, ieri presente in Consiglio regionale come spettatore eccellente -. Sarà un anno, da qui a ottobre, molto intenso e noi lavoreremo a costruire un centrodestra con liste forti. Considerato come ha governato il Pd in questi dieci anni, noi vinciamo anche nell’uno contro uno. siamo a lavoro ormai da tempo e la competizione non ci spaventa. Poi che De Luca candidandosi da solo possa dare un vantaggio al centrodestra, è vero ed è un vantaggio che ci prendiamo tutto. La storia del centrodestra parla chiaro, si ragiona, si discute all’interno, e poi però si esce compatti con linea unica ed è quello che è accaduto negli ultimi trent’anni e accadrà anche in Campania alle prossime elezioni regionali». Si pensa a lavorare e qualcuno rimanda pure la palla nel campo di Giorgia Meloni proprio sulla norma “salva De Luca”. «Questa norma sarà sicuramente impugnata dal governo – ha detto Caldoro in Aula – Quindi ci saranno ulteriori incertezze su incertezze». Poi Caldoro ha sottolineato un atteggiamento contraddittorio del Pd: quella sul terzo mandato «è una legge ad personam, ma questo lo pensa anche il Pd a livello nazionale, con elementi più indecenti dal punto di vista democratico». «Questa è una norma ad personam che si può applicare ad una sola persona e a nessun altro dopo questo caso. A differenza di quelle che la sinistra contestava a Berlusconi, che riguardavano alte cariche dello Stato e quindi anche altri dopo di lui, qui ci troviamo di fronte a una norma destinata a una persona unica, con un elemento temporale che la blocca a un unico caso – ha spiegato – Ma perché si pensa di fare una norma per una sola persona e per nessun altro? La norma non è applicativa per il futuro e questi tipi di interventi non nobilitano la normativa regionale». Una domanda che è stata pure girata dai giornalisti a Mario Casillo, il quale ha replicato: «Anche senza questa norma si sarebbe potuto candidare. Anche senza questa norma. Il punto, ripeto, è politico».
mercoledì, 6 Novembre 2024 - 15:13
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