Quattro-cinque voli al giorno, ognuno dei quali pagato 700 euro, almeno una volta a settimana: è il business dei “droni” potenziati utilizzati per trasportare droga e cellulari nel carcere napoletano di Secondigliano. Un business orchestrato dalla Vanella Grassi, gruppo criminale impostosi sulla scena criminale con una propria identità dopo essere nati in seno al clan Di Lauro durante la guerra scoppiata con gli Amato-Pagano e poi transitati proprio con gli Amato-Pagano, salvo poi girarsi nuovamente per tornare alla casa base.
L’affare è al centro dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli che stamattina è sfociata nell’esecuzione di 12 arresti su ordinanza di custodia cautelare: dieci indagati sono finiti in carcere, per altri tre sono stati disposti i domiciliari. Le indagini sono state condotte dagli uomini della Polizia di Stato, dello Sco e del Sisco. A vario titolo sono contestati i reati di traffico di sostanze stupefacenti e accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione per i detenuti, fatti aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l’associazione camorristica denominata della Vanella Grassi. Le basi di partenza dei droni erano state individuate in un terrazzo che si trova nei pressi del carcere e anche dal vicino campo nomadi. Particolarmente efficace anche il meccanismo messo in piedi per riciclare i proventi della vendita della droga e dei cellulari, particolarmente ingenti se si considera che un micro cellulare in carcere i detenuti pagavano 300 euro per un micro cellulare che costa una ventina di euro e che ce ne volevano addirittura 1300 per uno smartphone. Il denaro confluiva su u conto corrente intestato a un prestanome e successivamente veniva monetizzato e consegnato alla famiglia malavitosa della Vanella Grassi.
Nel corso delle indagini, al fine di acquisire i necessari riscontri alle risultanze delle attività tecniche, in due distinte occasioni si è proceduto all’arresto in flagranza di tre persone e al sequestro di oltre due di sostanze stupefacenti, di un drone dotato di telecamera, nonché di numerosi microtelefoni cellulari e schede telefoniche.
Quanto emerso dall’inchiesta «è l’ennesima riprova che le carceri sono permeabili, entra di tutto e di più», ha sottolineato il procuratore di Napoli Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa alla quale erano presenti anche Marco Garofalo primo dirigente dello Sco di Roma e il vice questore Massimiliano Russo, dirigente Sisco Napoli. «Sono anni che dimostriamo» la permeabilità delle carceri «con i sequestri di telefoni», ha aggiunto Gratteri. «Siamo riusciti a dimostrare come continuava a entrare droga e cellulari nelle carceri – ha proseguito – e questo significa continuare a dare ordini e a compiere delitti dal carcere. Un fenomeno allarmate e non si trovano soluzioni». Gratteri e il procuratore aggiunto Rosa Volpe, che coordina il pool Dda, hanno inoltre evidenziato che la presenza dei cellulari in carcere «vanifica le misure cautelari che vengono notificate e questa indagine è la dimostrazione che le carceri non sono più costituiscono strutture di contenimento» così, in sostanza, non si riesce più «a evitare la reiterazione dei reati».
lunedì, 18 Novembre 2024 - 16:33
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