La Corte di Assise di Appello di Napoli (seconda sezione) non ha riservato soprese: oggi pomeriggio è arrivata la conferma della condanna a tre anni e mezzo – stabilita nell’aprile 2022 – per l’imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny per l’omicidio colposo di Antonio Balestrieri, uno degli operai dello stabilimento Eternit di Bagnoli, a Napoli, deceduto a causa di prolungata esposizione all’amianto.
Ma la sentenza ha un sapore amaro per i familiari di Balestieri e per l’Associazione familiari vittime amianto: «È certo che nel prossimo grado di giudizio sopraggiungerà la prescrizione del reato, come già successo per gli altri casi in occasione del declassamento del reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo. È un ripetersi di situazioni troppo amare e dolorose per le vittime, per tutti noi e per il sistema Giustizia», ha spiegato Bruno Pesce, rappresentante dell’Associazione familiari vittime amianto. «Il sistema giustizia ancora oggi vede messa in mora la sua affermazione. Ciò a causa dei persistenti mancati provvedimenti atti a salvaguardare, oltre che le tutele per l’imputato, anche il diritto delle vittime ad ottenere l’affermazione della giustizia, anziché la dichiarazione del suo fallimento. Sarebbe ora – ha aggiunto – che nel dibattito e nei provvedimenti nazionali sulla giustizia nel nostro Parlamento e del nostro Governo, finalmente si intervenga seriamente per risanare queste gravissime ferite, ulteriormente inferte a già enormi sofferenze».
«La sentenza ci conforta un po’, dopo la delusione del primo grado, le cui richieste dei pubblici ministeri sono state in gran parte disattese», ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
«Confidiamo che la Corte di Cassazione possa confermare questa condanna – ha aggiunto Bonanni – e quindi rendere giustizia alle vittime e ai loro familiari». Confermata anche la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno dell’Osservatorio costituitosi parte civile con l’avvocato Flora Abate. «Il processo – spiega la nota dell’Osservatorio – ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio. Gli operai si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, che si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. E così, giorno dopo giorno, i necrologi all’ingresso dello stabilimento, e nelle zone circostanti del quartiere Bagnoli, a Pozzuoli e al Vomero. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri dai capelli e dalla pelle».
mercoledì, 26 Giugno 2024 - 19:54
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