Ha confermato quanto aveva già dichiarato al publico ministero poche ore dopo la tragica morte dell’amico di sempre Arcangelo Correra, ribadendo anche la dinamica del punto più controverso di questa storia: la pistola dal quale è partito il colpo che ha ucciso Arcangelo è stata trovata in strada pochi attimi prima dello sparo fatale. E ha ricordato le ultime parole della vittima: «Renà, non mi lasciare».
Renato Caiafa, 19 anni, è comparso questa mattina dinanzi al giudice per le indagini preliminari Iaculli del Tribunale di Napoli per l’udienza di convalida del fermo. Ha mantenuto il punto sul possesso della pistola, oggetto dell’unica contestazione per la quale il pm ha chiesto il carcere. In tal modo il 19enne sperava di evitare la prigione, ma – all’esito dell’udienza – il gip ha deciso di non convalidare il fermo, ritenendo insussistente il pericolo di fuga dal momento che il giovane si è spontaneamente presentato in questura dopo l’evento – ed ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere ravvisando la gravità indiziaria rispetto all’accusa di porto e detenzione illegale di arma e di ricettazione della stessa. La difesa, rappresentata dall’avvocato Giuseppe De Gregorio, aveva invece sostenuto la non consumazione del reato perché l’arma – in base al dichiarato del 19enne – era stata ritrovata in strada, sulla ruota di un’auto parcheggiata in piazza Sedil Capuana, proprio pochi attimi dello sparo.
La circostanza che Caiafa non avesse avuto la disponibilità dell’arma per un tempo prolungato e costante non avrebbe integrato, secondo il legale, l’ipotesi di reato di porto e detenzione illegale di armi. Né, ha sottolineato il legale, si può sostenere che l’arma fosse da più tempo in possesso del giovane atteso che allo stato non vi sono elementi investigativi che raccontano un’altra versione rispetto a quella offerta da Caiafa. Nelle sue richieste, la difesa aveva anche sollecitato – in caso di emissione di misura cautelare – l’applicazione di una misura meno afflittiva della prigione, rilevando che Caiafa è incensurato, è infra-ventunenne e sin dall’inizio ha manifestato una condotta collaborativa.
Il gip però deve averla pensata diversamente. Caiafa resta in carcere per il possesso della pistola dalla quale sabato mattina, intorno alle 5, è partito il proiettile calibro 9×21 che ha centrato in fronte Correra, al quale era legato da un rapporto di fratellanza tanto che si chiamavano “cugini” pur non avendo un rapporto di parentela tra loro. Intanto vanno avanti le indagini sulla morte di Correra: la procura non ha ancora formalmente contestato un’accusa di omicidio. Si attendono gli esiti dell’autopsia e gli accertamenti balistici.
martedì, 12 Novembre 2024 - 19:08
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