Ucciso a Napoli da un proiettile vagante esploso per un pestone, il pm: «Ergastolo per imputato, ha agito da camorrista»

di Manuela Galletta

Sui social ha mostrato tutto il suo disprezzo. Il disprezzo per una vita umana spezzata, per un innocente rimasto ucciso per una lite scoppiata per un paio di scarpe sporcate da un pestone, per un ragazzino di 18 anni, Francesco Pio Maimone, finito in una bara bianca per un destino crudele. Francesco Pio Valda, cognome di camorra che rimanda a una nota famiglia criminale del quartiere Barra alla periferia est di Napoli, ha affidato ai social una serie di considerazioni che ieri, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Napoli, il pubblico ministero Antonella Fratello ha “recuperato” per sottolineare la personalità di questo ragazzo chiamato a rispondere di omicidio volontario con l’aggravante dell’uso di una pistola illegalmente detenuta e della matrice camorristica. «Se va male, è esperienza», ha scritto Valda, alludendo – secondo gli inquirenti – alla possibilità di essere arrestato e di essere condannato. E ancora: «Zero rimpianti», «brindiamo all’ergastolo».

Tutte le notizie sull’inchiesta relativa all’omicidio di Francesco Pio Maimone

Parole da brividi, che il pm fa pesare come macigni nel corso della requisitoria al processo sulla morte di Francesco Pio Maimone, un bravo ragazzo colpito da un proiettile vagante mentre trascorreva una serata con gli amici dopo avere terminato il turno di lavoro. Parole che fanno il paio con il disegno della personalità di Valda, definita dal pm «allarmante»: «Esce sempre armato, anche di due pistole, pure in discoteca… il suo scopo non è divertirsi ma per creare ‘tarantelle’ (problemi) e di ‘schiattare’ (uccidere, fare fuori) quelli che non sono armati», ricorda il pm rievocando le parole tratte da alcune intercettazioni a sostegno dell’inchiesta.

È richiesta di condanna all’ergastolo per Valda, e non poteva essere altrimenti: Valda, dice il pm, «ha agito da camorrista», premendo il grilletto più volte non con l’intenzione di uccidere il 18enne Francesco Pio Maimone «ma accettando il rischio che, sparando nella folla, avrebbe potuto provocare la morte di un innocente». È richiesta di ergastolo, dunque, anche per quell’aggravante della matrice camorristica che il pm rafforza così: «La forza della camorra non si manifesta solo sul territorio, ma anche attraverso i social» in un «botta e risposta tra le due famiglie di camorra» che era «una manifestazione di forza in maniera pubblica» dimostrata anche dalle «testimonianze dei titolari e gestori degli chalet, frequentati anche da gruppi di camorra pronti a fronteggiarsi ad una minima scintilla» che «hanno avuto paura di riconoscere e di fare riferimento alla provenienza dei clienti».

L’omicidio si consumò nella notte tra il 19 e il 20 marzo nella zona degli chalet di Mergellina. Maimone era lì con amici, dopo avere staccato dal lavoro: era seduto a un tavolino e stava mangiando noccioline. Poco più in là, due gruppi di ragazzi iniziarono a litigare perché un giovane aveva pestato una scarpa a un altro. Ne nacque una discussione e Franco Pio Valda, al quale erano stato pestato il piede, estrasse la pistola ed esplose alcuni colpi: un proiettile vagante uccise Maimone. Valda scappò subito dalla scena del crimine, aiutato nelle sequenze successive da una serie di persone oggi a processo insieme a lui e nei confronti delle quali il pm ha chiesto pure la condanna. Nell’udienza di ieri, il pm ha sollecitato 8 anni di reclusione per Giuseppe Valda, sorella di Francesco Pio Valda, e per Giuseppe Perna, zio di Valda; 6 anni per Giuseppina Niglio, nonna di Valda, 8 anni e mezzo per Pasquale Saiz e Alessandra Clemente (cugina di Valda), e tre anni per Salvatore Mancini: gli imputati, a vario titolo, rispondono di favoreggiamento aggravato e detenzione di arma. Nell’inchiesta è rimasto coinvolto anche Rocco Sorrentino, giudicato con il rito abbreviato in primo grado, dove ha rimediato sei anni di carcere per il possesso di un’arma, forse proprio quella usata da Valda; in Appello ha avuto uno sconto di pena e la condanna è stata ridotta a quattro anni.

Alla requisitoria era presente Antonio Maimone, padre di Francesco Pio Maimone, che insieme alla moglie è costituito parte civile nel procedimento: «Concordiamo perfettamente con la ricostruzione della dottoressa Fratello: siamo qua, crediamo nella giustizia, e ci auguriamo che questa giornata rappresenti un segnale forte per tanti giovani, che li spinga a dissociarsi dalla criminalità. Speriamo sia un esempio in grado di mettere fine a tutti questi omicidi che stanno avvenendo a Napoli». Si torna in aula il 28 novembre.

venerdì, 22 Novembre 2024 - 09:52
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