Soumayla Sacko, 29enne immigrato maliano, è stato ucciso sabato scorso a San Calogero, provincia di Vibo Valentia. Il giovane, attivista dell’Usb e impegnato per i diritti dei braccianti che lavorano nella piana di Gioia Tauro, era sul tetto di una fornace sequestrata per procurarsi alcune lamiere, quando è stato centrato alla testa da una fucilata esplosa da un uomo appostato a 70 metri di distanza. Il 29enne, è emerso dalle indagini, stava recuperando materiale da montare attorno al tenda in cui viveva nel campo di San Ferdinando (provincia di Reggio Calabria) per difenderla dagli incendi. Per il delitto c’è un indagato, si tratta di un 43enne di San Calogero. La morte del giovane immigrato è stato il battesimo di fuoco per il neoministro dell’Interno, il leghista Matteo Salvini.
Don Pino Demasi parroco del Duomo di Polistena e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro, conosce bene ciò che avviene nella ‘piana’. Conosce bene le dinamiche che stanno trasformando gli immigrati di San Ferdinando in schiavi ed è preoccupato per l’odio razziale che serpeggia nei territori.
Don Pino Lei conosceva Soumayla, che ragazzo era?
Tutti conosceva Soumayla. Era un bravo ragazzo, impegnato anche sindacalmente per i suoi connazionali. Non era un ladro o un delinquente: era un giovane che voleva lavorare dignitosamente per migliorare le sue condizioni di vita e quelle della sua famiglia. Qualche giorno fa è stato ricoverato per un’ulcera, alcuni di noi hanno trascorso la notte con lui in ospedale.
Il centro di accoglienza di San Ferdinando è una bomba sociale, cosa accade lì dentro?
A San Ferdinando c’è una tendopoli realizzata per affrontare l’emergenza dei migranti giunti in Calabria. Purtroppo l’emergenza non è mai stata risolta e oggi quella tendopoli è una città a parte. Ma c’è anche di più. A pochi passi è sorta una baraccopoli con uomini costretti a vivere in condizioni pietose e senza alcuna dignità. In questi centri di accoglienza racchiusi in territori così piccoli ci sono troppe persone di etnia diversa con problemi di convivenza. Succede praticamente di tutto e vige solo la legge del più forte.
Il tema dei migranti è centrale nel dibattito politico e associativo in Italia. La morte di Soumayla è stata strumentalizzata: si è parlato di razzismo e xenofobia. Lei cosa ne pensa?
La magistratura e le forze dell’ordine ci diranno come è morto questo povero ragazzo e in che contesto è maturato l’omicidio. Quanto accaduto a San Calogero è stato strumentalizzato un po’ da tutti: un fatto di sangue utilizzato dall’una e dall’altra parte politica. Non possiamo, però, negare che c’è un dibattito molto acceso sugli immigrati e che i toni sono diventati violenti. Il razzismo esiste, si è insinuato nella nostra società e purtroppo sta crescendo. Credo sia arrivato il momento di abbassare i toni e di mandare messaggi più distensivi. E’ una questione di responsabiltà.
Se il razzismo oggi è così presente nella nostra società, cosa si può fare per debellarlo?
C’è un problema di fondo: purtroppo è stato inculcato nella testa di molti italiani che lo straniero, o meglio il clandestino è un criminale. Non è così. Dobbiamo superare questa associazione di idee altrimenti mai nulla cambierà. Lo straniero che arriva in Italia deve essere una risorsa e non un problema da risolvere. Circa l’80% degli extracomunitari che lavorano nella piana di Gioia Tauro sono regolari e hanno documenti. Io non conosco tanti italiani pronti a spaccarsi la schiena nei campi della ‘piana’. Allora è arrivato il momento di dare una dignità a questi giovani africani che arrivano in Calabria.
Nel ‘contratto’ di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle c’è un intero capitolo sul tema dell’immigrazione. In particolare si chiede l’intervento delle Regioni nella gestione dell’accoglienza e si pongono paletti per i rimpatri. E’ la soluzione giusta per risolvere il problema dei migranti?
Il Governo non sa di cosa parla. Chiacchiere e parole nel vuoto, da qualche tempo sento solo questo. Non basta solo dire nelle conferenze “noi non siamo razzisti”, ci mancherebbe. Gli stranieri e anche i clandestini sono persone: esseri umani come gli altri che meritano rispetto. Non possiamo trattarli come bestie, non possono essere percepiti come coloro che vengono a ‘rompere’ e a rubare. Anche questi ragazzi hanno una dignità, è nostro dovere quello di aiutarli in ogni modo. Sento parlare di rimpatri, ma per cacciare qualcuno, c’è bisogno di qualcun altro pronto ad accoglierlo.
L’attuale sistema di accoglienza degli immigrati è fallito. Qual è la sua ricetta?
Bisogna muoversi su due fronti: sia nel Governo che nei territori. Per migliorare la condizione degli immigrati bisogna lavorare a livello diplomatico con l’Unione europea e con i paesi di origine di questi ragazzi. Inoltre anche le istituzioni locali devono essere più presenti.
giovedì, 7 Giugno 2018 - 18:01
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