La notizia dello sgombero della sede del Tribunale e della Procura della Repubblica di Bari determinato dal “rischio di crollo” degli edifici giudiziari ed il successivo decreto adottato sul tema dal Ministro Bonafede impongono una riflessione da parte degli addetti ai lavori.
In primo luogo, va detto che non si tratta di una notizia inaspettata, perché la fatiscenza delle strutture giudiziarie era già stata da molto tempo segnalata ai competenti organi ministeriali.
In secondo luogo, è evidente come l’emergenza barese – caso non certo isolato, com’è purtroppo noto anche dalle nostre parti -, sia sintomatica della situazione in cui versa il settore Giustizia nel nostro Paese, un comparto gravemente ammalato per le scelte sbagliate (si pensi a quelle in materia di geografia giudiziaria, con la soppressione di uffici, magari piccoli, però funzionanti e la creazioni “a costo zero” di tribunali impossibilitati a partire e subito sommersi dall’arretrato anche perché carenti nell’organico) e per l’assenza di un qualsivoglia piano di investimenti da parte di tutti i Governi sin qui succeditisi (non si assume nuovo personale di cancelleria da molti decenni).
Troppi uffici giudiziari nelle grandi città risultano poi caoticamente sparsi in vari punti delle metropoli, con gravi disagi soprattutto per gli utenti e avvocati.
In definitiva, un settore che è rimasto strumentale alla diffusione di politiche populiste quanto distanti dai reali ed effettivi bisogni della collettività e degli operatori.
Sul piano costituzionale, ugualmente grave la decisione adottata dal neo Ministro della giustizia pentastellato di sospendere il corso della prescrizione dei reati per la situazione edilizia in cui versa il Tribunale di Bari.
Ciò in quanto è grave che con un decreto si sospendano di fatto sine die i processi e si sospenda anche il decorso della prescrizione dei reati, il tutto in violazione della Costituzione e dei principi cardine del diritto penale; è sbagliato ed ingiusto che con un decreto si faccia pagare il prezzo della fragilità del sistema giustizia a chi certamente di questo non ha colpe come il cittadino utente del sistema giustizia; è assurdo che con un decreto si cancelli la storia del diritto che ha codificato le cause di interruzione del decorso della prescrizione e tra queste non c’è di certo quella delle carenze della struttura giudiziaria.
Verrebbe da chiedersi, se la situazione non fosse tragica, perché il Ministro non sospenda il corso della prescrizione anche per le domeniche ed il periodo feriale (il principio è lo stesso, non si possono far cause per chiusura degli uffici)!
Simili iniziative, volte solo a dare apparenza di efficienza interventista, si risolvono in un ulteriore danno per la collettività, venendo ad incidere in maniera irrazionale, da un lato sulla durata dei processi, dall’altro sulla economia del territorio, risolvendosi la stasi delle attività giudiziarie in una vera e propria denegata giustizia per via della mancata risposta alle domande di giustizia di imputati, persone offese e parti civili, ed in un ulteriore danno gravissimo per la vita professionale dell’avvocatura, soprattutto di quella parte di classe forense più giovane e più debole.
L’auspicio è che si voglia stringere un patto d’onore tra tutte le forze politiche e gli addetti ai lavori perché – previo stanziamento di risorse adeguate alle necessità – vengano avviati effettivi e positivi “cambiamenti” nella programmazione e nella gestione degli uffici giudiziari e nella modernizzazione delle politiche di un settore certamente nevralgico per il mantenimento ed il funzionamento della democrazia.
*avvocato penalista,
Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli
giovedì, 28 Giugno 2018 - 08:30
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