Ciò che resta del ponte Morandi sarà demolito. Sempre che la tragedia che martedì 14 agosto ha provocato già 40 morti non assuma contorni ancora più drammatici. C’è paura a Genova mentre si scava tra le macerie. E’ la paura dettata dalla consapevolezza che il pilone e la parte di ponte rimasta in piedi possa venire giù. E proprio quella paura ha determinato la scorsa notte l’evacuazione di 632 persone, tutte residenti in quell’agglomerato di undici palazzi che si stagliano sotto al ponte Morandi. Ci sono mamme e bambini, anziani. Famiglie. Persone che non hanno parenti nelle vicinanze. Hanno dormito in sistemazioni di fortuna che il Comune ha allestito insieme ai servizi sociali. E hanno pregato. Hanno pregato perché sperano, almeno, di poter tornare in quella che è stata la casa di una vita per riuscire a portare via quante più cose possibili. Già, perché la drammatica certezza degli sfollati è che in quei palazzi non torneranno mai più. L’abbattimento del ponte – cosa ormai certa – determinerà inevitabilmente danni anche alle abitazioni sottostanti. E, allora, l’unica timida speranza è quella di poter mettere al sicuro, quando e se ce ne sarà la possibilità, la maggior parte degli effetti personali necessari per ricominciare. Ricominciare in case che il Comune adesso avrà l’onore di reperire. Negli alloggi di fortuna le persone più anziane hanno gli occhi umidi. La loro vita era tutta in quelle case che hanno dovuto lasciare in pochi minuti. “Non ho portato via niente – dice una signora – Ci hanno detto di uscire immediatamente. Sono uscita con quello che tenevo addosso”. E quello che aveva indosso era un semplice vestitino estivo.
E’ l’altro volto di una tragedia che ora dopo ora assume contorni sempre più drammatici. Le vittime accertate hanno ormai sfiorato la soglia delle 40 unità. Sotto ai pezzi enormi di cemento e lamiere si sono fermate le vite di mamme, padri e famiglie. Persone che stavano andando in vacanza, o che stavano raggiungendo il posto di lavoro. Bambini. Oggi piangono la scomparsa di loro concittadini le città di Genova, Torre del Greco e Casalnuovo (in provincia di Napoli), Messina, Torino, la Francia. Una tragedia di immani proporzioni. I soccorritori, intanto, tornano a scavare, dopo aver dovuto sospendere l’attività per mettere in sicurezza l’area. A ridosso delle macerie del ponte Morandi ci sono parenti e amici di chi è stato risucchiato dal ponte crollato. Qualcuno spera ancora che i dispersi possano essere ritrovati vivi. I vigili del fuoco lavorano ormai incessantemente da oltre 24 ore. Genova è piegata dal dolore, l’Italia intera lo è. Sotto choc per quel ponte che è venuto giù come un castello di sabbia senza che nessuno degli enti competenti a verificare la sicurezza di quell’Autostrada, che è un nodo strategico per collegare Genova alla Francia, si sia reso conto che qualcosa non andava.
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mercoledì, 15 Agosto 2018 - 15:48
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