C’è un libro antichissimo di proprietà dell’Italia, dal valore milionario, oggi in possesso di un collezionista privato negli Stati Uniti. A rendere il Filòpono un pezzo unico sono le annotazioni, aggiunte a mano dal giovane Galileo Galilei, all’epoca studente. A rivelare la storia è l’ineffabile Massimo Marino De Caro, durante il controesame (tenutosi ieri, mercoledì 16 ottobre) al processo per il saccheggio della Biblioteca dei Girolamini, in corso alla prima sezione penale del tribunale di Napoli.
L’ex direttore della storica biblioteca, accusato di associazione per delinquere, rispondeva alle domande dell’avvocato Elio Palombi, difensore di un coimputato. E il bibliofilo De Caro, principale accusato, spiega: «Un libraio di Firenze mi offrì di comprare questo libro a un milione di euro, ma in quel periodo non avevo la disponibilità della somma. Era di sicuro un affare e infatti fu venduto a un americano per il doppio della cifra, adesso quel testo è negli Stati Uniti». Nel percorso di collaborazione con la giustizia, De Caro specifica di aver messo al corrente i carabinieri del nucleo tutela patrimonio artistico, inviando una mail. Adesso, alle autorità italiane tocca la complessa missione di riportare in patria il prezioso volume. Il testo postillato da Galilei non è fra le migliaia depredate alla Biblioteca dei Girolamini. Una razzia di cui De Caro è reo confesso, con una condanna definitiva in via di espiazione. Ma sulla compravendita illegale ammette il suo ruolo, per quanto precisi che il reato è ormai prescritto. E parlando dei Girolamini, l’ex direttore racconta che, al suo arrivo nel 2011, «da almeno vent’anni i libri nemmeno venivano spolverati. Trovai i tarli vivi, e all’opera, in almeno il 70% dei casi e dovemmo ricorrere a un disinfestatore, quello della Biblioteca Nazionale».
L’assenza di pulizie aveva causato la rottura di numerose pergamene, seccate e infragilite per la polvere. E inoltre private dell’umidità necessaria alla conservazione. Per arginare il degrado galoppante «in una notte – afferma De Caro per rispondere all’avvocato Manlio Pennino – ne spostammo circa 2.500 in una stanza, dove procedere a disinfestazione mediante il procedimento di fumigazione». L’incredibile vicenda dei Girolamini l’aveva scoperchiata un articolo sul Fatto, firmato dallo storico dell’arte Tomaso Montanari. Ripercorrendo le tappe della scoperta, l’avvocato Palombi chiede all’imputato se «dopo l’articolo di Montanari lei cadde in depressione». E con l’ennesimo colpo di teatro, De Caro – un tentato suicidio alle spalle – dichiara: «Assolutamente sì ma non subito, all’inizio avevo ancora un delirio di onnipotenza». La prossima udienza è in calendario il 4 novembre.
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giovedì, 17 Ottobre 2019 - 09:30
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