Allo stabilimento ex Ilva di Taranto la tensione è alta. Ha tentato di calmare gli animi anche il premier Conte al suo arrivo allo stabilimento per incontrare i dipendenti accompagnato da alcuni dirigenti del sito dopo il retrofront di ArcelorMittal. «Parlerò con tutti ma con calma» è l’appello del Presidente del Consiglio che parteciperà al consiglio di fabbrica permanente di Fim, Fiom e Uill.
Al suo arrivo erano presenti, oltre ai dipendenti, anche cittadini e associazioni. «Dovete conoscere la situazione» gli dicono. «Sono qui per questo» è la risposta di Conte. Ne nasce un botta e risposta tra il premier e la folla. In tanti chiedono la chiusura. «Qui ci sono più morti che nascite» il grido di dolore lanciato da una madre. Conte domanda: «cosa volete, la riconversione?». Negativa la risposta dei presenti. «Vogliamo solo la chiusura». Qualcuno, per la verità, accenna anche a una possibile riconversione utilizzando gli operai del siderurgico per la bonifica di tutta la zona. «Stiamo lavorando tanto per l’energia pulita» rivendica Conte. «Non ho la soluzione in tasca. Vedremo nei prossimi giorni» afferma ancora.
Secondo i metalmeccanici l’azienda dovrebbe ritirare immediatamente «la procedura di retrocessione dei rami d’azienda» e chiedono «al governo di non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano ambientale nelle scadenze previste».
«La multinazionale ArcelorMittal – affermano i sindacati – ha posto delle condizioni provocatorie e inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate e la richiesta di licenziamento di 5mila lavoratori, oltre alla messa in discussione del ritorno a lavoro dei 2mila attualmente in Amministrazione straordinaria».
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venerdì, 8 Novembre 2019 - 19:48
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