Sei anni tra una sentenza e l’altra, assolto in Appello l’ex simbolo dell’antiracket di Portici: per i giudici non favorì i Vollaro

Sergio Vigilante per anni è stato il simbolo dell'antiracket a Portici
di Gianmaria Roberti

Sei anni di attesa. Sei anni per tornare in aula, dinanzi a nuovi giudici, e attendere la rilettura di quelle pesanti accuse che gli hanno cambiato la vita. Era il primo luglio del 2013 quando il commerciante Sergio Vigilante, all’epoca simbolo dell’antiracket a Portici, venne condannato a otto anni per favoreggiamento e tentata estorsione, ipotesi di reato aggravate dalla matrice camorristica.

Oggi pomeriggio quel verdetto, firmato dal gip Paola Valeria Scandone, è stato cancellato. Spazzato via da una sentenza di assoluzione con formula piena. Sono stati i giudici della terza sezione della Corte d’Appello a ribaltare il verdetto che voleva Vigilante contiguo al clan Vollaro, contiguo a quel clan che da presidente dell’Antiracket stava contrastando attraverso opere di sensibilizzazione rivolte alla denuncia delle estorsioni.

Un viaggio dalla frontiera della lotta al pizzo al fango di accuse pesantissime, e ritorno. Una traversata nel deserto forse nemmeno conclusa, in attesa di eventuali appelli in Cassazione. Vigilante, difeso dal penalista Maurizio Lo Iacono, nel luglio 2013 aveva rimediato 8 anni di reclusione col rito abbreviato. La Dda di Napoli gli contestava collusioni con il clan Vollaro, sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. In secondo grado il ribaltone: verdetto assolutorio per non aver commesso il fatto (estorsione) e perché il fatto non sussiste (favoreggiamento). Alla fine del 2012, l’imprenditore si era dimesso da presidente dell’associazione “Antiracket ed Antiusura Portici” in seguito alla notifica dell’avviso di garanzia. La prefettura di Napoli, peraltro, aveva sospeso l’associazione dall’elenco provinciale delle sigle antiracket. «L’alternativa – commenta l’avvocato Lo Iacono – era dichiarare nulla la sentenza di primo grado, connotata da gravi nullità ed illegittimità. La corte d’appello di è dimostrata estremamente responsabile, affrontando il merito, dove è emersa l’inattendibilità dei collaboratori nei confronti di Vigilante».

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mercoledì, 18 Dicembre 2019 - 16:00
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