La guerra nello stretto di Messina diventa un affare legale. Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha deciso di denunciare il sindaco di Messina Cateno De Luca per vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate (art. 290 del codice penale). La scelta assunta dal titolare del Viminale è ancorata alle esternazioni, forti e a tratti colorite, del sindaco Messina in occasione degli ultimi roventi giorni di protesta che si stanno consumando nella città che è la porta d’accesso dell’isola.
De Luca, come noto, denuncia l’arrivo in Sicilia, a mezzo traghetto, di persone senza requisiti, accusando il Governo ed in particolare il ministro dell’Interno di non avere mantenuto l’impegno assunto di bloccare l’ingresso di persone non in possesso dei requisiti. Per dimostrare questa tesi, l’altra notte De Luca ha letteralmente bloccato lo sbarco dal traghetto di 28 macchine pretendendo il controllo di tutti gli occupanti: a seguito della nuova verifica, sono state denunciate dieci persone.
Un dato che ha spinto Cateno De Luca ad alzare i toni contro il ministero, accusandolo – anche durante interventi in tv – di «dire il falso». Un concetto, questa, espresso anche attraverso frasi assai colorite che sono rimbalzate sui social grazie alla diretta Facebook fatta fare proprio da De Luca. Una su tutte: «Qui ci stanno pisciando in testa e dobbiamo anche chiedere scusa». Parole che il ministro dell’Interno non ha mandato giù: sono «gravemente offensive, e lesive dell’immagine per l’intera istituzione che lei rappresenta, pronunciate pubblicamente e con toni minacciosi e volgari», si legge in una nota del Viminale.
Quindi il ‘richiamo’ implicito al sindaco Cateno De Luca ad abbassare i toni: «Proprio in una fase emergenziale in cui dovrebbe prevalere il senso di solidarietà e lo spirito di leale collaborazione – sottolinea il Viminale – le insistenti espressioni di offesa e di disprezzo, ripetute per giorni davanti ai media da parte del primo cittadino di Messina all’indirizzo del ministero dell’Interno, appaiono inaccettabili, e quindi censurabili sotto il profilo penale, per il rispetto che è dovuto da tutti i cittadini – e a maggior ragione da chi riveste una funzione pubblica anche indossando la fascia tricolore – alle istituzioni repubblicane e ai suoi rappresentanti».
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giovedì, 26 Marzo 2020 - 15:18
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