Pagati 4 euro l’ora per costruire yacht di lusso: 8 arresti. Lavoratori minacciati, se avevano il Covid niente stipendio


«Oggi non mi sento molto bene», «Non ti senti bene? Vieni comunque…». E’ uno stralcio della conversazione telefonica tra un lavoratore bengalese e il suo ‘caporale’, l’uomo che ‘arruolava’ lavoratori per una società che si occupa di costruzione di yacht di lusso. E’ solo una parte dello spaccato che emerge dall’indagine condotta dai finanzieri del Comando provinciale di La Spezia, coordinati dalla Procura spezzina, che ha svelato i meccanismi di sfruttamento del lavoro ai danni di stranieri che avveniva nel dorato mondo della navigazione di lusso. Questa mattina i finanzieri hanno arrestato 8 persone (7 sono finite in carcere, una ai domiciliari) e sequestrato 900mila euro disarticolando quello che per gli inquirenti era un sodalizio criminale. L’inchiesta ha preso le mosse da una serie di controlli in materia di lavoro nei confronti di una società con oltre 150 dipendenti, perlopiù extracomunitari di provenienza bengalese, operante presso importanti cantieri spezzini che realizzano yacht di lusso.

Partendo da alcune anomalie, individuate e segnalate dalla Prefettura di La Spezia, i finanzieri hanno condotto una complessa indagine che ha reso possibile individuare una presunta serie di condotte di sfruttamento, ai danni di decine e decine di operai bengalesi, punite dalla recente normativa a contrasto del caporalato (art. 603 bis del Codice penale). Al fine di cristallizzare le condotte illecite e individuare i ‘caporali’, sono stati acquisiti gli orari di ingresso ed uscita al lavoro, testimonianze dei lavoratori e di altri soggetti contigui ed avviate intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno confermato le gravi condizioni di sfruttamento a cui erano assoggettati gli operai, in un regime di sopraffazione «a volte minaccioso e violento» messo in atto da un sodalizio di altri connazionali e di un italiano. I “capi”, approfittando dello stato di bisogno, sotto-retribuivano gli operai con una paga fissa (la “paga globale”, di 4 o 5 euro l’ora), impiegandoli, senza soluzione di continuità, in attività lavorative pesanti e anche pericolose, come la saldatura, la stuccatura e la verniciatura di imponenti yacht e super-yacht.

Inoltre, gli operai erano assoggettati a turni massacranti (fino a 14 ore al giorno senza permessi e riposi), sorvegliati a vista dai caporali e spesso minacciati, offesi e percossi. «Lo stato di assoggettamento degli operai – si legge in una nota – era favorito dall’imprescindibile necessità di non perdere il lavoro, unico mezzo di sostentamento delle famiglie e unico veicolo per godere di un valido permesso di soggiorno in Italia. Si sono verificati casi in cui, in caso di infortunio sul lavoro, i mal capitati lavoratori erano costretti a fornire una falsa dichiarazione al personale sanitario del pronto soccorso, senza fare alcun riferimento al lavoro svolto. Nei giorni di assenza per malattia, compresi quelli recentemente avvenuti per casi di positività al tampone per il Covid 19, i lavoratori bengalesi non percepivano alcun pagamento, perdendo, di fatto, l’unica fonte di reddito».

I finanzieri del Gruppo di La Spezia, inoltre, hanno svolto numerosi accertamenti bancari effettuati su decine di conti correnti e su carte postepay intestate agli operai che hanno consentito di svelare il particolare sistema adoperato dai caporali: tutte le buste paga ed i relativi versamenti risultavano, ad un primo controllo, conformi, la posizione lavorativa delle maestranze era in perfetta regola e tutto veniva contabilizzato (permessi, turni festivi, ore di lavoro e bonifici per le retribuzioni). In realtà, una volta pagate le buste paga con bonifici bancari, i caporali pretendevano, anche con l’uso della violenza e con la minaccia della perdita del posto di lavoro, la restituzione, in contanti, di parte degli emolumenti bonificati, costringendo gli operai a continui prelievi al bancomat.

Il meccanismo era stato studiato da un membro del sodalizio, un consulente del lavoro di Ancona, il quale predisponeva false buste paga con il minimo dei contributi previdenziali, consentendo all’azienda di essere apparentemente in regola per poter ricevere le sostanziose commesse ed accedere ai prestigiosi cantieri navali spezzini. Al termine delle indagini, su proposta della locale Procura, il gip ha disposto la custodia cautelare nei confronti degli 8 membri del sodalizio criminale ed il sequestro dei beni a loro riconducibili, per un valore di circa 1 milione di euro, tra quote societarie, immobili e autovetture. È stata anche disposta, infine, la misura cautelare del “Controllo giudiziario” nei confronti dell’azienda che sfruttava gli operai, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 della legge 199/2016, misura che consente di rimuovere le condizioni di sfruttamento e di salvaguardare la posizione lavorativa delle maestranze.

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martedì, 10 Novembre 2020 - 09:50
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