Covid in carcere, in prigione ci sono 862 detenuti positivi (2mila casi con gli operatori). L’autodifesa di Bonafede


C’è un’emergenza ancora troppo ignorata in Italia, ed è quella delle carceri in cui migliaia di detenuti e dipendenti sono contagiati o rischiano il contagio ogni giorno. A riportare nel dibattito parlamentare, sinora lacunoso, la questione è stata l’interrogazione del deputato Maurizio Lupi (Gruppo Misto) rivolta al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede durante il Question Time alla Camera. Dalla risposta del Guardasigilli sono emersi i numeri di un’epidemia sommersa: circa 2mila tra detenuti e operatori penitenziari sono positivi. «Alla data del 24 novembre 2020 – ha detto Bonafede –  su 53.720 presenti negli istituti di pena del Paese, sono stati registrati 826 casi di positività al Covid-19, di cui, 804 gestiti dall’Area sanitaria interna (dei quali 772 senza sintomi) e 22 ricoverati presso luoghi esterni di cura».

Sono «1042 invece i casi di positività registrati fra gli operatori penitenziari (970 relativamente al personale del corpo di polizia penitenziaria e 72 fra il personale amministrativo e dirigenziale del Dap): di questi, 1013 si trovano in quarantena presso il proprio domicilio, 19 presso le caserme annesse agli istituti di pena e 10 risultano ricoverati in strutture ospedaliere». Infine «presso gli istituti minorili – ha aggiunto il Guardasigilli – su 299 presenze (a fronte di una capienza di 536 posti), 3 sono i positivi al Covid 19, uno dei quali era tale già al momento del suo ingresso».

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Il contagio da Coronavirus tra le mura delle carceri italiani, dunque, continua ad essere preoccupante e a salire, nonostante il rallentamento dei giorni scorsi. Una situazione esasperata dalla piaga del sovraffollamento. Bonafede, rispondendo al vicepresidente del Gruppo Misto Lupi che puntava il dito contro la condizione carceraria attuale e la presunta inerzia del Ministero, ha difeso il suo operato e quello dell’amministrazione penitenziaria. Tutte le necessarie misure organizzative, ha affermato, sono state predisposte al fine di «limitare al massimo il rischio salute di tutte le persone che lavorano e vivono negli istituti di detenzione» come il triage all’ingresso sui detenuti nuovi giunti o provenienti da altri istituti -nelle 145 tensostrutture installate ad hoc- 3 diverse tipologie di isolamento, misurazione della temperatura a chiunque entri nei penitenziari, fornitura di mascherine e gel.

Le situazioni più preoccupanti sono quelle che riguardano gli istituti di pena lombardi e campani; in Lombardia i positivi sono 252 (dati del Dap: 81 a Bollate, 54 San Vittore, 36 a Opera e 12 a Como) mentre in Campania sono 197 (100 a Poggioreale e 63 a Secondigliano). Nel carcere di Tolmezzo, in Veneto, il caso più eclatante: 116 positivi. Una bomba a orologeria, anche se la situazione sembra più controllata rispetto alla fase 1 quando, a causa soprattutto delle restrizioni imposte nei colloqui ai detenuti per prevenire i contagi, le carceri italiane furono attraversate da rivolte finite anche nel sangue. Sulla situazione nel corso delle ultime settimane si sono fatti sentire le associazioni umanitarie e l’Unione delle Camere penali.

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giovedì, 26 Novembre 2020 - 10:14
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