Il tradimento dell’affiliato, passato tra le fila del clan nemico, fu lavato con il sangue dello stesso ‘traditore’. Pietro Scelzo, in quel lontano 18 novembre del 2006 fu ucciso perché aveva deciso di gestire lo spaccio di droga a Castellammare per conto di un altro sodalizio. La vendetta del clan furono undici colpi di pistola sparati nell’androne del cortile della sua abitazione. A quindici anni da quella vicenda, e con una sentenza di ergastolo (confermata in corte di Assise di Appello) già scritta per Pasquale Rapicano, considerato l’autore del delitto, i carabinieri hanno arrestato altre due persone. Si tratta del 55enne Antonino Esposito Sansone e del 44enne Vincenzo Ingenito, accusati di omicidio ed arrestati su ordinanza del gip del Tribunale di Napoli emessa su richiesta della Dda partenopea.
L’arresto arriva in seguito a quello di Rapicano, avvenuto nel febbraio del 2020 in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere successiva alla condanna all’ergastolo emessa nel novembre del 2019.
L’attività investigativa, sviluppata da gennaio 2020 a novembre 2020 dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Torre Annunziata, ed integrata da intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione controllo e pedinamento, nonché dalle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, ha consentito di far luce sulla presunta dinamica dell’omicidio. Secondo gli inquirenti Vincenzo Ingenito e Renato Cavaliere avevano decretato la morte di Scelzo il tradimento determinatosi con il suo passaggio nelle fila del clan rivale degli Omobono-Scarpa, per conto del quale stava gestendo lo spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere Centro Antico di Castellammare di Stabia.
Le indagini hanno permesso di ricostruire le fasi in cui il gruppo di fuoco, composto da Pasquale Rapicano, Vincenzo Guerriero (poi suicidatosi nel carcere di Benevento nel 2017) e Antonino Sansone Esposito, avevano seguito la vittima studiandone i movimenti, le frequentazioni e gli orari di ritorno presso la propria abitazione, individuando insieme ai mandanti le strategie per recuperare le armi utilizzate per l’omicidio, per consegnarle al materiale esecutore e per occultarle al termine dell’azione di fuoco.
L’omicidio avvenuto proprio nel Centro Storico di Castellammare ed attinente ad una fase di guerra tra clan estremamente violenta e caratterizzata da numerosi eccellenti delitti, integrava per gli investigatori la finalità mafiosa di affermare il predominio del clan D’Alessandro nel territorio di Castellammare di Stabia ed il suo pieno controllo delle relative piazze di spaccio a scapito del clan rivale Omobono–Scarpa.
martedì, 15 Giugno 2021 - 07:36
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