Alex è morto per mano della madre. Ucciso a due anni perché la donna, forse, temeva di perderne la custodia. Si è conclusa con l’arresto di Katalina Erzsebet Bradacs la drammatica storia che venerdì scorso ha scosso Po’ Bandino di Città della Pieve in provincia di Perugia. Nella giornata di ieri, lunedì 4 ottobre, il giudice per le indagini preliminari Angela Avila del Tribunale di Perugia ha convalidato il fermo della donna, disponendone la custodia in carcere, come chiesto dal sostituto procuratore Manuela Comodi. Per la ‘toga’ non vi sono dubbi della responsabilità della ungherese 44enne, benché l’indagata abbia cercato di depistare le indagini mettendo in piedi una «messa in scena», preparando «una giustificazione ancora prima di commettere il reato» in vista di «qualcosa che stava programmando di fare e che purtroppo ha poi commesso».
Dopo avere ucciso il bimbo, la donna gli ha cambiato la maglia «intrisa di sangue», lo ha portato in un supermercato e ne ha adagiato il corpo (con “molteplici” ferite da taglio che ricoprono “quasi l’intero torace del bambino”) sul nastro trasportatore di una cassa chiedendo aiuto e gridando a un’aggressione avvenuta poco distante dal supermercato, nei pressi di un casale. La 44enne, difesa dall’avvocato Enrico Renzoni, continua a dirsi innocente e racconta di avere perso di vista il bimbo per pochi minuti (si sarebbe allontanata per prendere un giocattolo) e di averlo trovato ferito al torace. Quanto alla ferita riportata dalla donna su un braccio, per il gip è un chiaro depistaggio: quella lesione, è la conclusione della toga, è stata autoinflitta («Verosimilmente lei stessa si è provocata con la stessa arma usata per l’omicidio»).
Nella richiesta di convalida del pm si evidenzia tuttavia la “pendenza” in Ungheria di una controversia con il padre del piccolo per il suo affidamento. Circostanza che – sostiene il gip nelle motivazioni – “in ipotesi” avrebbe potuto «indurre nella donna il timore che gli venisse sottratta la custodia». Che l’omicidio sia legato alla controversia sull’affidamento lo sostiene con forza il padre del bambino: «Ha rapito il mio Alex il giorno in cui avrebbe dovuto consegnarmelo perché il tribunale lo aveva affidato a me», ha sostenuto l’uomo che vive in Ungheria, e che venerdì sera aveva ricevuto una foto del figlio ferito a morte inviata dalla donna. «E’ scappata in Italia e lo ha ucciso e poi ha confessato di averlo ammazzato in un messaggio a un amico», ha aggiunto sostenendo che «la madre aveva anche minacciato di dargli fuoco». Dall’indagine dei carabinieri emerge che a chi le aveva dato ospitalità a Chiusi la donna aveva chiesto di poter rimanere un giorno in più perché «doveva proteggere suo figlio dal pericolo che costituiva un suo compagno». Tuttavia le indagini sul movente sono ancora in corso, anche perché – a differenza di quanto sostiene il marito della 44enne – il legale della donna spiega che non risulta alcun provvedimento del Tribunale che affidava il bambino all’uomo.
martedì, 5 Ottobre 2021 - 09:47
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