Due donne e un uomo. Sono i tre candidati alla carica di presidente della Corte costituzionale. Giuliano Amato ha lasciato il posto perché il suo mandato è scaduto il 18 settembre. E adesso la Consulta dovrà designare il suo successore. Un successore che potrebbe essere nuovamente una donna, andando così a sancire un’alternanza inaugurata dalla nomina a presidente della Consulta di Marta Cartabia. L’appuntamento è per martedì 20 settembre.
La partita si giocherà tra i tre vicepresidenti: Silvana Sciarra, Daria De Pretis e Nicolò Zanon.
La giornata si aprirà con il giuramento in mattinata al Quirinale del nuovo giudice costituzionale nominato in sostituzione di Amato da Sergio Mattarella, il professore di diritto amministrativo Marco D’Alberti. Alle 15, il collegio, tornato a ranghi completi (in totale 15 giudici), si riunirà in camera di consiglio per l’elezione del presidente. Almeno nelle prime due votazioni serve la maggioranza assoluta dei consensi, cioè 8 voti su 15, mentre dalla terza si procede al ballottaggio tra i più votati.
I profili dei tre giudici sono molto differenti. Eletta dal Parlamento, Sciarra – 74 anni – è una giuslavorista, allieva di Gino Giugni, con cui si è laureata all’ Università di Bari.
Alla Consulta ha firmato tra le altre la sentenza che a luglio ha dichiarato indifferibile la riforma delle norme sui licenziamenti, e quella che ha ritenuto discriminatoria la limitazione del bonus bebè ad alcune categorie di migranti.
De Pretis, 65 anni, è esperta di diritto amministrativo De Pretis: è stata Rettrice dell’Università di Trento e prima ancora preside della facoltà di Giurisprudenza. Nominata alla Consulta da Giorgio Napolitano, ha redatto la sentenza che ha ritenuto lesiva anche della dignità sociale l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica.
Zanon è titolare di cattedra all’Università di Milano, prima di arrivare alla Corte su nomina di Napolitano. Ha 65 anni, è stato membro del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa e componente laico del Csm. Il suo nome è legato alla pronuncia con cui la Corte ha ritenuto incompatibile con la Costituzione la norma che impedisce agli ergastolani ostativi mafiosi di accedere alla liberazione condizionale se non collaborano.
lunedì, 19 Settembre 2022 - 22:38
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