«Quello che rischia alla fine siete voi.. a voi vi paghiamo pure noi a voi, non è che devono guadagnare solo loro, dovete guadagnare pure voi che entrate… non è che devi passare solo i telefoni, a parte che tenete la scusa vostra, però il fumo è delicato… là ci sta l’arresto». La voce e il pensiero sono di Antonio De Maria.
Quando gli investigatori lo registrano, De Maria è detenuto nella casa circondariale di Poggioreale, a Napoli, e occupa un posto nella sala colloqui del penitenziario. A parlare con lui c’è il garante dei detenuti di Napoli Pietro Ioia, nominato nel novembre del 2019 dall’allora sindaco Luigi de Magistris e confermato dal sindaco Gaetano Manfredi. Il tenore del dialogo è allarmante e finirà agli atti dell’inchiesta che ieri ha condotto in carcere proprio Ioia con l’accusa di avere consegnato in carcere droga e soldi in cambio di denaro.
De Maria, che è tra i destinatari degli ‘oggetti proibiti’, ragiona con Ioia sulle modalità che scandiscono i compensi per il garante e – ricostruiscono gli inquirenti – sostiene che Ioia debba percepire la sua parte indipendente dalla riuscita della consegna. Consegna che, emerge dall’inchiesta, non sempre va a buon fine perché, talvolta, sono in corso perquisizioni ai detenuti da parte della Penitenziaria. Il ragionamento di De Maria è chiaro e Ioia nulla obietta.
Questa è una delle intercettazioni che il giudice per le indagini preliminari Valentina Giovanniello del Tribunale di Napoli ritiene di estrema importanza per sostenere le accuse a Ioia.
mercoledì, 19 Ottobre 2022 - 07:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA