Si parla di intelligence, sicurezza ma, prima di tutto, di temi giudiziari. Sulla tre giorni del Salone della giustizia, aperta ieri a Roma, si proietta il dibattito sulle riforme.
Per il presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, Gian Domenico Caiazza, «il processo mediatico si è radicato nella cultura del Paese concentrando l’attenzione e il giudizio dell’opinione pubblica sulla fase dell’accusa» e «questo ha determinato un danno incalcolabile». Il rimedio? «Un impegno di tipo culturale e di tipo normativo – dice il penalista nella tavola rotonda a 30 anni da Mani Pulite – perché si tratta di contenere l’esondazione del potere della pubblica accusa e rivalutare la figura sociale del giudice. I cittadini pensano che il giudizio penale si esaurisca con l’accusa. E la prova migliore è che i giornalisti seguono l’indagine ma quando si arriva al dibattimento non c’è nessuno».
Sul punto, si registra un duro scontro tra Alessandro Sallusti, direttore di ‘Libero’ e l’ex pm del pool di Mani pulite, Gherardo Colombo. «Io c’ero, l’avviso di garanzia a Berlusconi – rievoca il giornalista, all’epoca al Corriere della Sera – ce l’ha dato la procura di Milano, in fotocopia. Ce l’hanno data quel giorno perché faceva più male a Berlusconi». La vicenda è quella della pubblicazione da parte del Corriere della Sera dell’avviso di garanzia all’allora premier, nel 1994, durante il G8 a Napoli. La replica dell’ex magistrato: «La procura non è una persona, non si possono tutelare le fonti e poi fare questo gioco di prestigio. Bisognerebbe avere la sensibilità, quando si dice una cosa, di andare fino in fondo». Colombo incalza Sallusti: «Giel’ho dato io? No. Gliel’ha data Davigo? No. Questa è una cosa molto grave e pesante nei confronti di chi questa cosa l’ha fatta, ammesso che sia stata fatta, o di chi questa cosa non l’ha fatta. Mi sento molto in imbarazzo. Quando i giornalisti ricevono una notizia si coprono dietro la tutela della fonte, e si sparge un grande discredito nei confronti di chi così non si comporta. Questo attiene alla deontologia professionale».
Enrico Costa, esponente di Azione, invece sostiene che «l’abuso di custodia cautelare è una delle piaghe della giustizia in questo paese». E sull’idea del neo guardasigilli Nordio di affidare ad un collegio di tre giudici tali provvedimenti, Costa aggiunge: «Io avevo presentato questa proposta ai tempi di Cartabia, e mi avevano detto di no. La collegialità è un elemento importante quando a rischio sono diritti importantissimi». E c’è un tema di responsabilizzazione del pubblico ministero: quando un imputato viene assolto in primo e poi in secondo grado, l’esito processuale «deve incidere sulle valutazioni di professionalità» del magistrato inquirente.
Di tutt’altro avviso Giuseppe Conte, leader del M5S. «Il nuovo ministro della Giustizia Nordio? Non è questione se mi piaccia o meno, non lo conosco e non esprimo valutazioni sulla persona – spiega l’ex premier-: ma alcune sue idee non le condivido affatto. Ad esempio la posizione sulla legge Severino. O anche l’idea di reintrodurre l’immunità parlamentare: segnerebbe un ritorno al passato, sarebbe anche questo un segno di ‘restaurazione’».
Inoltre «il governo Draghi su richiesta di Meloni e Salvini ha abolito il cash back e ora Meloni finisce il lavoro. Ecco perché parlo di continuità tra governo Meloni e Draghi. Vogliono che torniamo alle mazzette in nero: consentire di poter girare con 10 mila euro in contanti vuol dire dare la stura al nero. Anche la tregua fiscale vuol dire condono. E’ tutto un segnale ai cittadini, a quelli che pagano le tasse: e il segnale gli dice siete dei fessi».
In un videomessaggio, il capo del Dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria, Carlo Renoldi, dichiara: «Capita spesso che il carcere venga identificato con la pena tout court, da un lato si afferma la necessità di più carcere, stigmatizzando il ricorso alle misure alternative e dall’altro si afferma che solo l’afflittività del carcere possa svolgere una funzione di deterrenza». Sono posizioni che «attraversano legittimamente il dibattito pubblico» ma, dimenticano che ovunque esiste un «catalogo di sanzioni che vanno oltre il carcere». Per il cado del Dap, dunque, «se di nuove carceri si deve parlare, e a mio avviso è anche giusto farlo, lo di deve fare per chiudere quelle vecchie e impresentabili, costruirne di nuove maggiormente ideone a realizzare l’obiettivo del recupero».
Sul piano generale, secondo il primo presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio, per una giustizia che funzioni «servono tre cose: buone regole, risorse finanziarie e umane, senza queste non si va avanti». I fondi «dopo decenni ora sono disponibili, e dopo il blocco delle assunzioni abbiamo avuto in parte anche risorse umane», ma «c’è un problema serio, mancano i giudici: purtroppo l’ultimo concorso era per 310 posti ma solo 210 candidati lo hanno superato, c’è un problema di raccordo con l’università».
LE FRONTIERE DELL’INTELLIGENCE
In un’altra tavola rotonda Luciano Carta, presidente di Leonardo ed ex direttore dell’Aise (L’Agenzia di informazione e sicurezza estera), propone di «consolidare e migliorare sempre più l’assetto di intelligence economica nazionale» grazie al quale «industrie strategiche (tra cui Leonardo, Eni, Enel, Fincantieri ) possano, attraverso una struttura o figura ‘ad hoc’, mettere a sistema, in un tavolo sinergico con il decisore politico, il ciclo delle informazioni utili al perseguimento degli interessi nazionali e alla sicurezza dell’economia e delle imprese nazionali». Dal canto suo, il vicedirettore dell’Agenzia per la cybersicurezza italiana, Nunzia Ciardi, suggerisce di «cercare di stimolare l’indipendenza tecnologica. Oggi chi detiene la tecnologia e le materie prime per i componenti essenziali, è arbitro dei mercati, delle catene di approvvigionamento. Avere indipendenza tecnologica, significa anche sicurezza e libertà».
Il capo della Polizia, prefetto Lamberto Giannini, fa un’altra considerazione «Abbiamo già vissuto nel pieno della pandemia un impegno straordinario e nuovo per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica, per far rispettare – ricorda – normative dettate dall’emergenza sanitaria, mantenendoci vicini al cittadino e non come oppressori. C’è stato tantissimo dissenso, tantissime manifestazioni che noi abbiamo gestito puntando ad evitare fatti gravi e garantendo a tutti il diritto al dissenso. Abbiamo visto problemi nuovi nella dimensione e capillarità del fenomeno, ogni sabato migliaia di no vax in piazza. Ora, mentre si stava per uscire dall’emergenza pandemia, siamo di fronte ad una crisi determinata dal conflitto ucraino che ci pone altre prospettive. Non mi sento di fare un appello ai leader politici di abbassare la tensione, ma è evidente la delicatezza del momento e l’esigenza di mantenere la situazione il più possibile serena». Una cosa non proprio semplice.
LO SCENARIO DEGLI APPALTI PUBBLICI
Altro scenario delicato, tra Pnrr e crisi energetica, è quello degli appalti pubblici. «Insieme alle altre forze di polizia – racconta il comandante generale dei Carabinieri, generale Teo Luzi -, L’Arma ha avviato da tempo un’attenta azione di monitoraggio, a protezione di questi ingenti finanziamenti». Tra i fattori di rischio c’è «l’attuazione di politiche di greenwashing da parte di alcune aziende, con il pericolo che un utilizzo pubblicitario di slogan ambientalisti non sorretto da reali investimenti, possa di fatto garantire l’accesso a finanziamenti. L’implementazione delle energie rinnovabili, tramite la realizzazione di parchi energetici e l’ammodernamento di quelli esistenti, nonché lo smaltimento dei manufatti degli impianti meno efficienti. Lo sviluppo dei processi di efficientamento energetico, che potrebbero essere sfruttati illegalmente attraverso complesse attività fraudolente di accumulazione e compravendita di titoli di efficienza energetica».
In pratica «dietro certi fenomeni – specifica Luzi – c’è sicuramente la grande criminalità organizzata, ci sono cosa nostra, la camorra, la ‘ndrangheta, le stesse mafie straniere presenti sul nostro territorio: i nostri sforzi sono concentrati sulla repressione ma anche sulla prevenzione. Concludere le indagini e assicurare alla Giustizia eventuali responsabili è fondamentale ma purtroppo, nel caso dell’ambiente, quando ci sono dei colpevoli di reati, significa che prima ci sono stati dei danni che non potranno essere riparati». E in materia di gare, c’è l’avvertimento del presidente Anac, Giuseppe Busia: «Garantire prezzi adeguati per gli appalti è fondamentale, altrimenti le opere si fermano. Occorre inserire nelle gare d’appalto più elasticità nei prezzi, motivata però da cause impreviste come è stata l’invasione dell’Ucraina e il rialzo dei prezzi dell’energia».
mercoledì, 26 Ottobre 2022 - 22:53
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