Schiaffi, pugni, calci e anche sputi. Tutto in strada, tutto sotto agli occhi dei passanti. Lavorare come personale sanitario su un’ambulanza, oltre che difficile, è diventato pericoloso. L’allarme è serio ed è molto diffuso. Secondo la stima della Fiaso, la Federazione di Asl e Ospedali, sono 3 mila ogni anno le aggressioni a medici e personale sanitario; all’Inail, invece, sono stati denunciati 1.200 casi nel 2018. Poi, però, ci sono anche i casi minori, quelli che non si conoscono. Quelli che non vengono fuori e a cui nessuno da peso. A Napoli l’associazione Nessuno Tocchi Ippocrate sta portando il conto delle aggressioni subite da medici e infermieri del personale del 118. Una lunga scia di episodi – 20 dall’inizio dell’anno – alcuni dei quali molto pericolosi. L’ultimo in ordine di tempo risale alla scorsa settimana quando gli operatori delle postazioni Loreto Mare e Ponticelli sono stati brutalmente picchiati e aggrediti nella zona di piazza VII Settembre dove, pochi minuti prima, si era verificato un incidente in scooter. Dall’associazione hanno lanciato un appello: «Non vogliamo armi, non vogliamo fare corsi di autodifesa, non vogliamo essere scortati dalle forze dell’ordine su ogni intervento. L’unica cosa che chiediamo è che ci venga riconosciuta la carica di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni». E’ questo il problema: un vulnus normativo che però è difficile da colmare. Sì, perché al momento il personale sanitario svolge mansioni da incaricato di ‘pubblico servizio’, qualifica ben diversa da ‘pubblico ufficiale’. La questione, molto complessa dal punto di vista normativo, si lega a doppio filo con le aggressioni subite dal personale. Infatti un medico picchiato o insultato in strada, altro non può fare che presentarsi dalle forze dell’ordine e sporgere querela nei confronti del suo aggressore. Ed è così che molto spesso finisce tutto in una bolla di sapone: subentra la paura e soprattutto la voglia di dimenticare e di non aver più a che fare con chi ti ha messo le mani addosso mentre lavoravi. Cosa ben diversa, invece, sarebbe aggredire un pubblico ufficiale. In quel caso nessuna querele: si procederebbe d’ufficio. «E’ difficile che qualcosa cambi ora – ha spiegato Natale De Falco, del coordinamento Cimo Emergenze – perché una nuova legge potrebbe entrare in conflitto con il codice deontologico del medico». Un’arma a doppio taglio, dunque. Quello che però si può fare è procedere sempre, in ogni caso, per interruzione di pubblico servizio. In questo caso la legge c’è ed è già applicabile. «Quando un medico viene schiaffeggiato o un’ambulanza viene bloccata in strada – ha spiegato – si configura sempre un’interruzione di pubblico servizio. Si dovrebbe procedere sempre. Ogni volta». «Ci vuole una maggiore collaborazione con tutti gli attori istituzionali, polizia, carabinieri, vigili del fuoco e polizia municipale – ha aggiunto De Falco – inoltre i cittadini devono capire che solo se ci aiutano, noi possiamo aiutarli. Il problema non riguarda solo Napoli e non riguarda solo il personale del 118. Purtroppo sempre più spesso sentiamo di poliziotti e carabinieri aggrediti o vigili urbani insultati. Sono episodi che non devono più verificarsi». Intanto ieri sulla vicenda delle aggressione ai medici è intervenuto anche il segretario nazionale della Fimmg (Federazione dei medici di Famiglia) Silvestro Scotti. «A tutti quelli che pensano che sia giusto picchiare un medico che cerca di fare il proprio dovere nei limiti di un’organizzazione che non dipende da lui, di una logistica che non dipende lui, di una condizione di malattia la cui evoluzione – nonostante il suo impegno – non potrà cambiare voglio dare un’occasione: picchiate me».
giovedì, 19 Aprile 2018 - 18:00
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