Napoli, il Consiglio di Stato riconsegna lo stadio Collana alla Regione: cosa dice la sentenza che fa fuori la vecchia società

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Gestione dello stadio Collana, l’impianto del Vomero torna nella disponibilità della Regione Campania. Respingendo l’appello della società Giano, il Consiglio di Stato ha messo la parola fine a una lunga disputa. Palazzo Spada ha confermato la sentenza del Tar Campania, che aveva dichiarato la legittimità del provvedimento regionale di decadenza della Giano dalla concessione per l’utilizzo e la gestione dell’impianto napoletano.

«Il Consiglio di Stato ha ribadito la correttezza dei provvedimenti con i quali – spiega una nota di Palazzo Santa Lucia – il Presidente della Regione ha nominato un commissario ad acta per la verifica della gestione della convenzione con il concessionario e dei provvedimenti con i quali – sulla base dell’istruttoria del commissario ad acta – è stata dichiarata la decadenza del concessionario per grave violazione degli obblighi assunti. Tra le altre circostanze accertate, la sentenza pone in rilievo la modifica della compagine societaria della Giano, che ha determinato il passaggio da una natura sportiva a quella sostanzialmente imprenditoriale della società; nonché l’affidamento diretto dei lavori ad una società collegata alla stessa Giano, in violazione delle norme che impongono l’espletamento di una pubblica gara e il possesso da parte dell’appaltatore di attestazioni Soa a garanzia della qualità delle lavorazioni». Adesso, «a conclusione di un annoso contenzioso – aggiunge la nota -, finalmente l’impianto ritorna nella disponibilità della Regione, che già da tempo ha inteso affidarlo all’Agenzia regionale per lo sport (Arus) per assicurarne la fruizione da parte degli utenti, preservandone le finalità sociali e la promozione dello sport anche da parte delle fasce più deboli».

La Regione ha intimato alla Giano il rilascio della struttura, con data fissata il prossimo 2 maggio. Palazzo Santa Lucia comunica l’invio di una nota alla Corte dei Conti, con la quale «ha espresso apprezzamento per l’attività incisiva ed efficace della Procura regionale della Corte dei Conti e della Guardia di Finanza da questa delegata, che ha consentito all’Amministrazione di effettuare complesse verifiche sulla gestione del rapporto concessorio, di riscontrare le violazioni della convenzione poi contestate al concessionario, e di orientare la condotta dell’Amministrazione al pieno perseguimento dell’interesse pubblico».

Tra le circostanze determinanti, per l’esito della vicenda, il mutamento della natura della società concessionaria. La svolta si è radicata «nel momento in cui la Giano, da società “senza fini di lucro” – si legge nella sentenza n.3635 del Consiglio di Stato -, si è poi trasformata in società “con fini di lucro”, e ciò in seguito alla ridetta cessione di quote, da parte delle due persone fisiche (sportivi) che detenevano il pacchetto di maggioranza in favore di una società di costruzioni (poi divenuta non a caso anche affidataria di lavori senza gara)». I due ex soci sportivi sono notissimi: si tratta degli ex campioni di calcio Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro.

«Dunque da una società con maggioranza “non a fini di lucro” – argomentano i giudici della quinta sezione – si è passati ad una società la cui maggioranza (95%) era riservata ad una società di costruzioni chiaramente “a fini di lucro”. Come correttamente messo in evidenza dal giudice di primo grado, infatti: “in concreto la sostanziale natura dei soci è in grado di
orientare le scelte e gli interessi dell’ente”. Affermazione questa tra l’altro avvalorata dalla circostanza che il medesimo socio di maggioranza è stato poi prescelto – in via diretta e senza gara – al fine di realizzare i suddetti lavori e per una cifra pari a 6 milioni di euro, dunque per svolgere un’attività senz’altro di matrice lucrativa». Secondo la sentenza, «trattandosi di concessione di servizi (gestione di pubblico impianto), come del resto ammesso dalla stessa difesa di parte appellante (pag. 27 atto di appello) la società concessionaria avrebbe dovuto ricorrere, per i suddetti lavori di ristrutturazione, al modello della pubblica gara ai sensi» del codice dei contratti. E ciò «sia in quanto si tratta di impianto funzionale all’attività principale della società, sia in quanto lo stesso impianto è destinato a
rimanere poi “in mano pubblica”».

sabato, 8 Aprile 2023 - 17:36
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