«Un tragico e incivile format che sta inesorabilmente avvelenando la qualità del processo penale e della nostra democrazia» e che può «arrecare seri rischi all’incolumità, anche fisica, dei protagonisti della giurisdizione». Con queste parole la Camera penale di Napoli commenta e censura quanto verificatosi l’altro giorno in Corte d’Assise d’Appello di Napoli durante e dopo la lettura della sentenza sull’omicidio del 17enne Nicholas Di Martino, il nipote del boss di Gragnano Nicola Carfora ‘o fuoco ammazzato accoltellate due anni fa.
Alcuni parenti della vittima hanno dapprima rivolto insulti alla Corte e, all’uscita del Tribunale, hanno avvicinato e aggredito fisicamente l’avvocato Carlo Taormina, difensore di uno dei due imputati condannati: gli autori della scomposta e violenta reazione contestavano il mancato ergastolo che, a parer loro, era la sola condanna da comminare. «Tutti noi abbiamo il dovere di non cedere a pulsioni irrazionali – ammonisce la Camera penale – di ricordare che la giustizia non può mai essere vendetta e che la qualità ed il valore della funzione giurisdizionale non si misura sulla base degli anni di galera che vengono inflitti». Concetti basilari che, tuttavia, cedono il passo, sempre più spesso, a «un populismo penale che sembra ormai avere smarrito anche un qualsiasivoglia sub-strato ideologico per degradare a mero istinto brutale o riflesso di maniera». In questa visione del processo, sottolineano gli avvocati, la pena «non è più intesa come modalità di intervenire sul criminale e ristabilire l’ordine pubblico e la pacifica convivenza sociale» ma «come una sorta di riparazione psicologica, di risarcimento morale della vita».
Ecco che le sentenze di assoluzione o di condanna che non rispecchiano i desiderata delle parti offese finiscono con l’essere contestate, sempre e comunque. «Sono critiche unidirezionali» e quando sono «sempre uguali a sé stesse, fanno sorgere il sospetto – incalzano i penalisti di Napoli – che esse non siano sempre del tutto oneste ma costituiscono un modo per porre un’ipoteca sulle decisioni giurisdizionali». Di qui l’invito, e l’auspicio, che i giudici si oppongano «ai voleri di una folla rumorosa che in maniera manichea ha già diviso il bene dal male», che prendano «decisioni impopolari, ben sapendo che nessuno li tutelerà e che anzi farà forse partire ispezioni e procedimenti disciplinari».
sabato, 1 Luglio 2023 - 21:18
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