Susan si è lasciata morire di fame e di sete, Azzurra invece si è impiccata. Sempre nello stesso carcere, il ‘Lo Russo e Cotugno’ di Torino.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è precipitato nella struttura penitenziaria nella giornata di ieri. Ci ha tenuto a precisare che «non è un’ispezione» ma un gestione di “vicinanza e solidarietà” alla direzione del carcere, alla polizia penitenziaria e alla Città di Torino. Ma anche ai familiari delle vittime: Susan John, nigeriana, detenuta con fine pena 2030, madre di un bambino, si è lasciata morire di fame e di sete; Azzurra Campari, una giovane di 28 anni, si è impiccata venerdì 10 agosto.
Originaria di Riva Ligure, Azzurra era stata trasferita a Torino lo scorso 29 luglio, fino a quel giorno era detenuta a Genova. In prigione ci era finita a maggio, perché doveva scontare un cumulo di pene per dei reti contro il patrimonio commessi 10 anni prima, come il furto di una bicicletta, l’oltraggio a pubblico ufficiale. Sarebbe tornata in libertà nel marzo 2025. «Durante l’ultima videochiamata – ha raccontato la madre Monica ad alcuni giornali – mi ha detto che in cella non ce la faceva più».
Due drammi sui quali Nordio, per rispetto della magistratura, non è voluto entrare: «Sono qui per prendere atto della sofferenza della struttura». Il resto spetta alla procura di Torino che ha aperto un’inchiesta sui due drammatici episodi: l’ipotesi di reato in entrambi i casi è istigazione al suicidio, ma si tratta di un tecnicismo che permette di disporre l’autopsia. L’obiettivo degli inquirenti è capire se nei controlli qualche ingranaggio si sia inceppato. Nel caso di Azzurra Campari, la 28enne era detenuta nell’articolazione per la tutela mentale (Astm) in una cella singola, video-sorvegliata Tutti sapevano che la giovane soffrisse di problemi psichiatrici e che, pertanto, andava controllata. Cosa che non è accaduta. Anche nel caso di Susan John a fare difetto sarebbero stati i controlli. La donna era entrata in carcere perché doveva scontare una condanna a 10 anni e 4 mesi per tratta di essere umani e sfruttamento della prostituzione: a partire dal 22 luglio ha smesso di bere e mangiare, chiedendo di rivedere il figlio di 3 anni.
«Lo Stato non abbandona nessuno, ma purtroppo il suicidio in carcere è un fardello di dolore che affligge tutti i paesi del mondo e molto spesso è imprevedibile», ha osservato il ministro. Che ha approfittato delle due tragedie per parlare di carceri e della linea politica del Governo sul tema. L’idea è puntare a forme di “detenzione differenziata” con l’uso delle caserme dismesse per fare scontare la pena ai detenuti non pericolosi. «Cercheremo di attuare quella che vorrei chiamare una detenzione differenziata tra i detenuti molto pericolosi e quelli di modestissima pericolosità sociale. C’è una situazione intermedia che può essere risolta con l’utilizzo di molte caserme dismesse. Costruire un carcere nuovo è costosissimo – ha spiegato – è impossibile sotto il profilo temporale». Una proposta che non ha riscosso grandi consensi. Secondo il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, «non servono più carceri, ma servono carceri piene di attività e attenzione per le persone detenute». «È urgente intervenire, ma il carcere non sembra una priorità per questo governo», ha commentato Debora Serracchiani, responsabile giustizia del Pd, mentre Alessandro Zan, responsabile diritti della segreteria nazionale del Pd, parla di «fallimento tragico delle istituzioni» per i due suicidi.
domenica, 13 Agosto 2023 - 07:39
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