Tre detenuti si suicidano in poche ore, Antigone: «E’ fallimento delle istituzioni». I casi a Secondigliano, Pavia e Teramo

Il carcere di Secondigliano

Tre suicidi in carcere nelle ultime ore. E il bilancio dei detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio del 2024 si aggrava ulteriormente. Sono 24 le persone che hanno deciso di farla finita durante la detenzione, in media uno ogni tre giorni. Numeri drammatici. «Tre detenuti che si suicidano in un giorno segnano il fallimento delle istituzioni», riflette l’associazione Antigone, aggiungendo che «ogni suicidio è un atto a sé ma, quando sono così tanti, evidenziano un problema sistemico. Vanno prese misure dirette a ridurre drasticamente i numeri della popolazione detenuta. Il ddl sulla sicurezza in discussione va nella direzione opposta e potrebbe costituire una esplosione di numeri e sofferenze. Chiediamo ancora una volta che Governo e Parlamento aprano una discussione pubblica sul tema carceri».

I penitenziari di Pavia, Teramo e Secondigliano (a Napoli) sono quelli interessati dagli ultimi tre episodi. L’ultimo, in ordine di tempo, si è verificato nel carcere napoletano di Secondigliano: il detenuto suicida è Robert L., 33 anni, diventato famoso nel 2019 perché è stato il primo e – ad oggi – l’unico detenuto a evadere dal penitenziario di Poggioreale in cento anni di storia. Robert L. stava scontando una condanna per omicidio.

Aveva, invece, appena 20 anni Patrick Guarnieri, il giovane che si è tolto la vita nel carcere di Teramo: Patrick si è suicidato nel giorno del suo compleanno. All’interno dell’istituto è detenuta anche la madre, ristretta in un altro settore.

A Pavia, invece, si è tolto la vita il trapper 27enne Jordan Jeffrey Baby (all’anagrafe Jordan Tinti). Il giovane era ristretto nel padiglione dei cosiddetti ‘detenuti protetti’ (quelli che hanno compiuto particolari reati), un settore molto affollato, considerando che quello di Pavia è l’istituto col più alto numero di ‘protetti’. Sulla vicenda le polemiche sono più aspre che mai: il trapper aveva già tentato due volte di uccidersi in 17 mesi di detenzione; aveva confidato al suo avvocato di aver subito maltrattamenti e abusi da altri detenuti (ma quel procedimento, opportunamente denunciato, sarebbe stato archiviato). Sui social invece, con l’hashtag #veritàperjordan, in tanti puntano il dito, e in particolare su una pagina Instagram, contro «l’inadempienza del sistema carcerario italiano» e «le condizioni disumane e inaccettabili in cui Jordan era costretto a sopravvivere», anche se «a chi aveva il potere di aiutarlo non è bastato tutto questo». E specificano: «la verità verrà a galla e i colpevoli diretti o indiretti che siano pagheranno». Sulla vicenda il Garante nazionale dei detenuti sta assumendo in queste ore informazioni dettagliate, puntando a verificare tutte le circostanze emerse.

mercoledì, 13 Marzo 2024 - 20:01
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